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DOCAVIV 2021

Recensione: I Am Not

di 

- Raro caso di film allo stesso tempo intimo e strutturalmente complesso, il vincitore del premio Docaviv di Tomer Heymann è un documentario sincero su un ragazzo straordinario

Recensione: I Am Not

Il regista israeliano Tomer Heymann dimostra un certo talento nel plasmare storie di vita reale in documentari intimi e toccanti, ma, allo stesso tempo, ricchi di una lucidità psicologica intensa e perspicace – anche quando si tratta di tematiche estreme e personaggi più outsider, come quelli del suo precedente film, Jonathan Agassi Saved My Life [+leggi anche:
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. Con il suo ultimo lavoro, I Am Not, presentato in anteprima mondiale al Docaviv e premiato per la miglior regia e la miglior fotografia (leggi la news), Tomer dà vita al suo film più complesso e intimo.

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Il protagonista è il diciannovenne Oren Levy, un ragazzo nato in Guatemala e adottato a soli quattro mesi dagli israeliani Dvora ed Ehud. Anche sua sorella minore, Michal, è stata adottata dallo stesso paese latinoamericano. Quando, da piccolo, i genitori di Oren si resero conto che aveva problemi di sviluppo, lo portarono da una serie di medici che, uno dopo l'altro, gli fecero diagnosi errate: epilessia cerebrale, dislessia, psicosi, bulimia... Finché, alla fine, optarono unanimamente per la sindrome di Asperger, che può spiegare alcuni tratti di Oren, ma che non racconta affatto tutta la storia. Sapendo che questo disturbo si manifesta attraverso difficoltà sociali e di comunicazione, lo spettatore può certamente riconoscerlo nel comportamento del giovane quando interagisce con i suoi genitori. Oren è impaziente, impulsivo e incline a sfoghi, che spesso creano tensioni in casa.

Oren odia il suo collegio per bambini con disabilità intellettiva, ma ha scoperto uno sfogo che, a modo suo, lo allontana magicamente dai malesseri causatigli dall’istituto: una videocamera. Così, oltre alle riprese effettuate dagli operatori del regista Heymann, guidati dal DoP Itai Raziel, vediamo anche il modo in cui Oren stesso percepisce il mondo. Le sue riprese sono istintive: riprende i dettagli che lo colpiscono, come un cane che corre per strada, ma ha anche una predilezione per le immagini forti, come un uccello morto sull'asfalto.

La parte più toccante del film mostra vecchi video amatoriali girati da Ehud, che fanno da sfondo ai ricordi e alle testimonianze dei genitori sull'infanzia del protagonista e sulle difficoltà di crescerlo. Ma la loro pazienza e il loro amore sono incondizionati e infiniti, il che significa che Oren e Michal ricevono più supporto e affetto della maggior parte dei bambini. In particolare, i video con i fratelli da piccoli sottolineano questo legame.

In quella che è una necessità di capire se stesso, Oren sente il bisogno di incontrare i suoi genitori biologici. Così, a metà film, l'intera famiglia si reca in Guatemala. Non c'è una grande ricerca nel rintracciare i rispettivi genitori di Oren e Michal, dato che sui loro documenti di adozione sono riportati nomi e indirizzi e l’ingaggio di un giornalista locale li aiuta a mettersi in contatto con loro. Tuttavia, sarebbe un peccato svelare come si sviluppa questa parte della storia: basti dire che pone interrogativi pertinenti e intriganti sulla natura del cinema del reale e che l'avversione di Oren ad essere toccato fisicamente sarà sicuramente messa in discussione dagli emotivi e irascibili guatemaltechi.

In una nuova collaborazione con Matan Daskal (dopo Jonathan Agassi Saved My Life), Heymann accentua ulteriormente l'intimità della storia attraverso la colonna sonora, dove il tema principale, eseguito con chitarra acustica, si basa su un testo incredibilmente adorabile che Oren ha inventato quando aveva otto anni. La complessità strutturale del documentario riflette l'incapacità della società di riconoscere le persone con personalità neurodivergenti come individui a sé stanti, insistendo invece nell'etichettarle costantemente. Ma più di ogni altra cosa, questo è un ritratto intimo e profondo di un individuo al di fuori dell’ordinario, reso possibile grazie a un chiaro legame umano e sincero tra il regista e i protagonisti.

I Am Not è prodotto dall'israeliana Heymann Brothers Films.

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(Tradotto dall'inglese da Sonia Ladidà)

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