Recensione: Un cielo impasible
- Il documentario di David Varela indaga – e riscopre – il paesaggio dimenticato del dopoguerra (e i suoi significati) con l'aiuto di droni, giovani e specialisti della guerra civile spagnola

Lo sguardo puro di quattro adolescenti è il prisma attraverso cui David Varela rievoca una delle battaglie più sanguinose della guerra civile spagnola, quella di Brunete, vicino a Madrid, nel suo secondo film, Un cielo impasible [+leggi anche:
intervista: David Varela
scheda film], che partecipa alla sezione Tierres en trance del 59mo Festival Internazionale del Cinema di Gijón.
Con la curiosità giovanile come motore di questo veicolo-esperimento, che in certi punti può ricordare Quién lo impide [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jonás Trueba
scheda film], i suoi protagonisti accettano di partecipare alla proposta che Varela fa loro: conoscere a fondo uno spazio vicino alle loro case, relegato nell'oblio e dove migliaia di persone hanno perso la vita non molto tempo fa. Così i ragazzi toccano, sentono e indossano persino le uniformi dei soldati - molti dei quali loro coetanei - morti in un conflitto di cui i programmi scolastici non insegnano quasi nulla.
Inoltre, Un cielo impasible riesce, in modo armonioso (a differenza di certe madri parallele), non solo a rivendicare la memoria storica, ma anche a interrogarsi sul modo in cui essa viene trasferita (o meno) alle nuove generazioni. Così, questo documentario - con l'aiuto di due specialisti di storia, che intervengono anche davanti alla telecamera - spezza una lancia a favore di un nuovo modo di analizzare il passato per evitare le posizioni polarizzate - diametralmente opposte - che di solito caratterizzano qualsiasi azione politica che abbia a che fare con il passato spagnolo, dittatoriale e franchista, che si è cercato di seppellire sotto tonnellate di oblio.
In questo modo, Varela accompagna questi ragazzi nelle vere trincee e nel territorio della battaglia di Brunete e, con l'uso di droni, sorvola questi spazi spettrali sovrapponendo suoni di guerra, voci di testimoni e le riflessioni degli stessi protagonisti, i cui sguardi puliti dovrebbero essere un modello per le future riflessioni sulle conseguenze di una guerra civile che ha ancora ferite aperte e non rimarginate.
Dal 2010, l'autodidatta David Varela produce, monta e dirige i propri lavori, come il lungometraggio Banaras Me, il corto Último retrato e il mediometraggio Freedom to Kill the Other's Children. Allo stesso tempo, lavora come montatore per altri, su titoli come Banderas Falsas, di Carlos Serrano Azcona, e Correspondencias invisibles, un progetto di regia collettiva ancora in corso. Nel 2012 ha iniziato una collaborazione con la scrittrice Chantal Maillard, con la quale sta sviluppando un adattamento teatrale di Diarios Indios, oltre al lungometraggio Todo es búfalo, attualmente in fase di scrittura. Dal 2012 lavora come programmatore e direttore artistico per l'associazione di cinema documentario Docma; ha progettato cicli per il Museo Reina Sofía e la Filmoteca Española, ed è stato co-direttore artistico di Documenta Madrid dal 2017 al 2019.
Un cielo impasible è una produzione indipendente di David Varela con musiche composte da Jonay Armas.
(Tradotto dallo spagnolo)
Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.