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SUNDANCE 2022 Concorso World Cinema Documentary

Recensione: Calendar Girls

di 

- L'amabile documentario svedese di Maria Loohufvud e Love Martinsen suona fin troppo familiare, e non solo per quel titolo

Recensione: Calendar Girls

A rischio di sembrare qualcuno che ha visto troppi film (il che probabilmente è vero), sarebbe estremamente facile confondersi qui: Calendar Girls è anche una commedia del 2003 in cui Helen Mirren interpreta una delle donne dello Yorkshire che sostanzialmente decidono di spogliarsi per solidarietà. Ora, in un documentario di Maria Loohufvud e Love Martinsen intitolato anch’esso Calendar Girls [+leggi anche:
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, altre decidono di fare lo stesso anche se completamente vestite.

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Un gruppo di ballo di donne over 50 della Florida, il cui delizioso motto è "maturity in motion", usa "danza e intrattenimento per sensibilizzare e finanziare vari enti di beneficenza", stando al loro sito web, ma collaborano principalmente con Southeastern Guide Dogs, un'associazione che addestra cani guida per ipovedenti, veterani, giovani e bambini. La loro storia merita certamente un film, ma Loohufvud e Martinsen (al loro primo lungometraggio, proiettato al concorso World Cinema Documentary del Sundance) lo rendono molto, molto familiare. Ancora una volta, si tratta di vivere la vita al massimo, dell'empowerment che può derivare dall'accompagnarsi a donne che la pensano allo stesso modo e dimostrano che non è mai troppo tardi per seguire la propria passione. Qualcosa che va bene ed è lodevole, ma che alla fine si adatta meglio a una visione domestica. Anche se nell'era dei festival online, questa frase potrebbe aver già perso ogni significato.

L'unico tentativo di originalità delle registe è quello di inserire alcune sequenze musicali con le protagoniste. Niente di troppo sofisticato, intendiamoci: sono molto semplici, sottolineando – si presume – che la passione di queste donne per il ballo e la performance vada oltre la pratica organizzata. Ora è entrata nella loro vita di tutti i giorni. Forse avrebbe funzionato meglio se fosse stato qualcosa di più elaborato, che invitasse a un senso di gioiosa fantasia alla Ginger Rogers, poiché qui, invece di essere d'ispirazione, ricorda la creatività di qualcosa come The Act of Killing [+leggi anche:
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, in cui i protagonisti di Joshua Oppenheimer hanno la possibilità di sentirsi come delle star del cinema per un momento, ricostruendo le loro inquietanti azioni con un effetto agghiacciante.

D'altra parte, qui la fantasia è qualcosa che bisogna guadagnarsi, che si tratti di decorare copricapi di unicorno, di destreggiarsi in lavori saltuari o persino di negoziare con mariti bloccati sul divano che, a quanto pare, non vogliono che le loro mogli si divertano. Le donne ballano, imparano nuovi passi e passano da un'esibizione all'altra, ma si aprono anche sulla propria realtà e, naturalmente, si parla di solitudine, malattia e persino prigionia. Inoltre, quello che fanno è divertente, ma è anche un impegno serio, e se non riesci a rispettare le regole o evitare di commettere errori, sei fuori, insieme al tuo copricapo da unicorno.

"Ho trovato il mio lato creativo e ora mi dà il tormento", dice una delle ragazze, pronta a fare grandi cambiamenti all'età di 70 anni, poiché rinunciare alla sua passione è qualcosa che non è disposta a fare. E perché dovrebbe? Dopo una vita dedicata agli altri, ora vogliono trascorrere le loro giornate, o i loro ultimi anni, ballando in body scintillanti e con "corna patriottiche" sulla testa. Ed è il minimo che possiamo augurare loro.

Calendar Girls è prodotto dalla svedese Pink Dolphin.

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(Tradotto dall'inglese)

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