Recensione: Off the Rails
di Marta Bałaga
- Nel suo film d'esordio profondamente toccante, Peter Day si concentra sugli anni in cui ha vissuto pericolosamente
È strano descrivere come “divertente"qualcosa che mostra una morte tragica, il cuore che batte a mille e frequenti scontri con la legge, ma Off the Rails del neozelandese Peter Day lo è proprio. Non sappiamo dire se sia intenzionale, ma c'è un po' un'idea del classico di Danny Boyle del 1996 Trainspotting in questo film malinconico, presentato in anteprima mondiale al Festival del documentario di Salonicco, anche se il trainspotting è ora sostituito dal “trainsurfing".
Pare che questa particolare attività (e molte altre, sempre pericolose) abbiaun seguito, almeno nel mondo degli aspiranti youtuber, come Rikke Brewer e Aiden Knox. C'è la passione, certo, ma adesso alcuni di questi ragazzi, un collettivo britannico di nome Brewman, stanno pensando in termini più strategici: in like, condivisioni e iscritti. I loro metodi potrebbero essere nuovi, ma la storia è vecchia quanto il tempo: se guadagni con qualcosa che ami, significa che ti stai svendendo oppure che sei solo previdente riguardo al tuo futuro? E, soprattutto, fino a che punto sei disposto ad andare? Mentre fanno parkour nel quartiere, le caviglie contorte e i giovani corpi feriti, fa tutto parte del gioco. Fino a quando non lo è più, e all'improvviso devi affrontare quel genere di dolore che non guarisce da solo. Proprio come abbiamo detto: una storia vecchia quanto il tempo.
Date le folli buffonate di questi personaggi, non c'è da meravigliarsi se il documentario di Day, sviluppato dal suo film per la TV Parkour Changed Our Lives, sia così coinvolgente: per le persone a cui non piacciono le altezze o i mezzi di trasporto preferiti da Spider-Man, sarà sicuramente disturbante a volte. Ma in realtà parla anche a loro mentre dovrebbe aprire porte già aperte tra i giovanissimi.
C'è tanto dolore da buttar fuori. Qualcuno cerca di convincersi che “non è una vita triste, non è una vita triste”, oppure litiga con un genitore che, cercando di dargli una lezione, rende sostanzialmente suo figlio un senzatetto. Non è affatto divertente quando uno dei ragazzi deve lasciare la sua stanza dove ha passato l'infanzia e mentre stacca i suoi ricordi dalle pareti senti "ci sono tipo tante lacrime in questa merda”.
È riconoscibile per il semplice fatto che sono artisti straordinari ma a volte è impossibile che lo spettacolo vada avanti, specialmente dopo che qualcosa è andato storto dopo una pericolosagiravolta laterale in uno spazio tra il treno e il vagone. I loro fan online sono impressionati, e lasciano commenti tipo "amico, sei letteralmente pazzo". Ma va bene influenzare le persone e spingerle a fare cose pericolose? Forse si dovrebbe invece “ispirare”, qualunque cosa ciò possa comportare? È interessante notare che c'è un divario di età significativo tra Day e i ragazzi del film, non che nessuno lo noterebbe mai,ma lui sa già che non c'è bisogno di alcuna predica sul "crescere", quindi lascia che siano loro a pensare. E anche la scrittura arriva con un errore di battitura, quando qualcuno menziona la filosofia "vivi velocemente, muori giovane". Vivere è sbagliare, ma di certo ci stanno provando.
Off the Rails è una produzione britannica di Faction Films, Faction North e Perfectmotion. Le vendite internazionali sono curate da Journeyman Pictures.
(Tradotto dall'inglese)