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VENEZIA 2022 Fuori concorso

Recensione serie: The Kingdom Exodus

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- VENEZIA 2022: L'atteso finale della serie cult di Lars von Trier cominciata negli anni '90 è un intruglio roboante dei più grandi successi del passato

Recensione serie: The Kingdom Exodus
Mikael Persbrandt in The Kingdom Exodus

La sezione Fuori Concorso della Mostra di Venezia fu la sede della prima mondiale di The Kingdom nel 1994. All'epoca, l'enfant terrible, Lars von Trier, aveva provocato e incuriosito la scena d'essai internazionale con titoli come Element of Crime e Europa. The Kingdom, una miniserie televisiva su un medico svedese arrabbiato in un ospedale infestato di Copenaghen, era piena di riferimenti locali e si rivolgeva principalmente ai salotti danesi, con prospettive internazionali marginali. Le urla di scherno e le standing ovation del pubblico di Venezia lo colsero di sorpresa, così come il plauso della critica per questo "lavoro secondario", come preferiva definirlo. Tre anni dopo, The Kingdom II è stato presentato nello stesso luogo con reazioni simili e ora, 28 anni dopo, il rituale si ripete con il tanto atteso capitolo finale di cinque ore, intitolato The Kingdom Exodus [+leggi anche:
trailer
intervista: Asta Kamma August
intervista: Hubert Toint e Mark Denessen
scheda series
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Il completamento della saga è stato ostacolato da un numero allarmante di morti all'interno dell'ensemble originale e, quando è stato interpellato sull'argomento, Trier ha solitamente respinto l'idea di completare il tutto. Finché, di recente, non ha cambiato idea, riunendo i sopravvissuti del cast originale, un gruppo scelto di nuovi attori stellari e una sceneggiatura aggiornata, adatta al recital del 2022. Insieme alla sonnambula cronica Karen Svensson (Bodil Jørgensen), iniziamo a guardare il minuto conclusivo di The Kingdom II (i rimandi sono numerosi), e ben presto la donna si ritrova nel regno reale, dove le stranezze abbondano e il caos regna come prima. È stato nominato un nuovo primario svedese di neurochirurgia, il dottor Stig Helmer Jr (un Mikael Persbrandt in piena forma), tanto favorevole agli svedesi e avverso ai danesi quanto il suo omonimo predecessore - e anche suo figlio. Inizia subito ad arredare il suo ufficio, facendo un generoso ordine di articoli IKEA, solo per sentirsi dire che tali spese non saranno coperte dall'ospedale. Condividerà inoltre la sua posizione con il dottor Pontoppidan (Lars Mikkelsen), un degno successore del dottor Moesgaard della prima serie, la cui iniziativa "Operazione aria mattutina" ha chiaramente ispirato la nuova politica "Operazione porte aperte" della clinica, ancora una volta con disappunto di Helmer Jr. Ha alcune politiche irremovibili da imporre, in particolare per quanto riguarda le questioni di genere e di rappresentanza, di cui i danesi scorretti non hanno alcun sentore (tuttavia, si ritrova invischiato in un costoso caso di molestie, allegramente aiutato da Tuva Novotny e Alexander Skarsgård). Nel frattempo, la sonnambula signora Svensson continua la sua ricerca negli strati profondi e diabolici dell'ospedale, dove sia Mona che Lillebror (Laura Christensen e un ritorno spettacolare di Udo Kier) si aggirano in cerca di liberazione. C'è un roboante omaggio a Wagner e Bergman, un sodalizio segreto degli Svedesi Anonimi, una coppia di lavapiatti meravigliosamente strani e molto altro ancora. È lecito concludere che The Kingdom Exodus offre un vero e proprio "greatest hit" dell'insulso universo così seriamente concepito da von Trier insieme all'allora co-sceneggiatore Niels Vørsel. Forse in gran parte, ma non del tutto, senza soluzione di continuità nella sua ricreazione, c'è molta atmosfera vintage da godere per i fanatici del culto locali e non.

Guardando al corpus di opere di von Trier e alle sue diverse reincarnazioni, la metà degli anni Novanta si è rivelata uno spartiacque. Da uno stile strettamente controllato e ossessionato dall'immagine, guarnito di minuzie feticiste, von Trier passò a un'anti-estetica sciolta e liberata (esemplificata concretamente dal manifesto Dogme 95, che sarebbe entrato in vigore di lì a poco), orientando la sua regia verso gli attori e la sua scrittura psicologicamente verso l'interno, attenuando, se non abbandonando del tutto, gli aspetti umoristici più ampi. Senza dubbio, il processo creativo di The Kingdom, pur rimanendo con un piede nel vecchio campo, ha spinto tutto in avanti, facendo emergere un regista diverso. Il ritorno nel 2022 a quest'epoca passata ricorda ad alcuni di noi, con un po' di nostalgia, che ci è mancato il primo Lars "inusuale" e che è valsa la pena aspettare per incontrarlo di nuovo.

The Kingdom Exodus è stato prodotto dalla compagnia danese Zentropa Entertainments, e coprodotto da quelle svedesi Film i Väst e Zentropa Sweden, con la belga Ginger Pictures. Le sue vendite internazionali sono gestite da TrustNordisk.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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