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VENEZIA 2022 Orizzonti

Recensione: Blanquita

di 

- VENEZIA 2022: È un mondo molto dark quello che dipinge Fernando Guzzoni nel suo film ben fatto. E sembra preoccupantemente familiare

Recensione: Blanquita
Laura López in Blanquita

Blanquita (Laura López) ha 18 anni ora, anche se sembra più giovane. È stata ferita, abusata, e ora sta crescendo una bambina sua. Blanquita, una dei bambini invisibili, senza voce, all’improvviso una voce la ritrova: diviene testimone chiave in uno scandalo che riguarda uomini potenti, le cui feste hanno rovinato decine di vite. Blanquita potrebbe distruggerli, o loro potrebbero distruggere lei, mentre il pubblico impazientemente assiste allo spettacolo.

Ispirato alla storia vera del caso “Spiniak”, che ha coinvolto minori in una rete di abusi e prostituzione, Fernando Guzzoni entra in un implacabile universo dark con Blanquita [+leggi anche:
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, presentato in Orizzonti a Venezia. Un film coinvolgente, che avrebbe potuto beneficiare di un formato più lungo, il quale gli avrebbe permesso di soffermarsi sui perversi meccanismi del caso, le questioni politiche e i giochi di potere che decretano chi sia l’abusante e chi l’abusato.

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Blanquita pare priva di colori e di emozioni, comprensibilmente: sopravvivere diventa più difficile se ci si permette di provare cose. Questo è ciò a cui la prolungata esposizione al trauma conduce; ci si chiude in sé stessi. Ma chi decide di prendere in mano il proprio destino vuole vedere qualcosa di diverso, lacrime e facce fidate. Si vuole amare la vittima, e non sentirsi a disagio. E così, diventa una storia sull’arte della performance, sull’assicurarsi che altri ascoltino. Il film di Guzzoni è particolarmente rilevante ora, in un momento in cui si parla di processi di alto profilo, in cui è stata dedicata più attenzione a come gli imputati si esprimono, piuttosto che a ciò che viene detto.

Nel parlare del suo nuovo documentario dedicato a Diana, The Princess [+leggi anche:
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, Ed Perkins sottolinea come Diana venisse comparata da così tante persone ad una tela bianca, sulla quale ciascuno poteva proiettare ciò che voleva vedere. La protagonista di Guzzoni ha un “dono” simile: può trasformarsi a seconda della necessità. Una dote importante di questi tempi, in cui le vittime di abusi devono pensare a ciò che indossano quando raccontano della propria esperienza. La gente vuole simpatizzare, certo, ma prima, bisogna essere sicuri di conformarsi esteticamente alla parte.

È un ruolo interessante, complesso da definire con precisione, così come lo è tutto il film. Ciascuno è difficile da analizzare e ciascuno è, in una qualche misura, distrutto. In questi contesti, naturalmente, continui a perpetuare la violenza subita, o te ne circondi, in un circolo vizioso senza uscita.

Molti titoli che trattano soggetti simili, cercano una via di svolta per il proprio personaggio. Qui è molto più silenziato. Lo spazio per un respiro di sollievo offerto da Guzzoni, però, sta nel presentare un film, ben realizzato, che non sia terribilmente esplicito: le storie sono presentate nei dettagli, ma lo spettatore non è costretto ad osservarne le scabrosità. Una mossa intelligente, che rende questo film più facilmente fruibile da più persone. Persino da coloro a cui l’oscurità spaventa, che potrebbe essere l’obiettivo ultimo di questo lavoro.

Blanquita è un film cileno, messicano, lussemburghese, francese e polacco guidato da Quijote Films, Varios Lobos, Tarantula Luxembourg, Bonne Pioche Cinema e Madants. Le vendite internazionali sono gestite da New Europe Film Sales.

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(Tradotto dall'inglese da Viola Bellei)

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