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VENEZIA 2022 Giornate degli Autori

Recensione: The Damned Don’t Cry

di 

- VENEZIA 2022: Il secondo lungometraggio di Fyzal Boulifa segue in Marocco le fortune divergenti di una madre e di suo figlio tardo adolescente, costretti a un lavoro itinerante e instabile

Recensione: The Damned Don’t Cry
Aïcha Tebbae e Abdellah El Hajjouji in The Damned Don’t Cry

I giovani registi-rivelazione spesso fanno il loro ingresso nell'industria cinematografica con film brillanti e alla moda. Basti pensare a Xavier Dolan o Julia Ducournau e ai loro primissimi lungometraggi scioccanti e stilosi. Fyzal Boulifa, un britannico di origine marocchina che è senza dubbio uno dei migliori registi esordienti oltremanica, ha un punto di vista leggermente diverso: sulla base del suo nuovo eccellente lavoro, The Damned Don’t Cry [+leggi anche:
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, e del suo primo potente lungometraggio, Lynn + Lucy [+leggi anche:
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, possiamo dire che è un narratore solido e vecchio stile. Il suo lavoro non ostenta né fa di tutto per stupire con una messa in scena mozzafiato: il regista padroneggia perfettamente le basi, o meglio l'essenziale, e adotta un approccio quasi alla Ken Loach nel modo in cui mostra i diversi luoghi in cui si svolgono i suoi film. Il suo nuovo lungometraggio è stato presentato in anteprima alle Giornate degli Autori di Venezia, dopodiché sarà presentato in concorso ufficiale al Festival BFI di Londra a ottobre.

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Anche The Damned Don’t Cry fa parte di una tendenza: quest'anno, nei festival, sono apparsi diversi nuovi film (come The Blue Caftan [+leggi anche:
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e Joyland) che fanno un vero passo avanti nel modo in cui discutono e ritraggono la situazione di individui omosessuali in paesi prevalentemente islamici. E oltre a ciò, il film è fortemente interessato al tema del lavoro sessuale come traiettoria professionale forzata, ma non lo avvolge mai in un senso di miserabile autocommiserazione: nel contesto ancora austeramente tradizionale del Marocco urbano contemporaneo, è piuttosto un semplice dato di fatto, per i personaggi proletari che interessano a Boulifa. Un altro fattore evidenzia il modo drammaturgicamente classico con cui il regista si approccia al mondo: qui l'atto della prostituzione può anche, in un certo modo, essere una valida via d'uscita dalla povertà.

Sebbene Fatima-Zahra e suo figlio adolescente Selim (interpretati da Aïcha Tebbae e Abdellah El Hajjouji, entrambi eccellenti in questa prima esperienza sullo schermo) siano legati dal sangue, e spesso dalla temporanea certezza di uno stesso tetto sopra la testa, la loro relazione è nell'ordine della co-dipendenza, anche se non possono districarsi da essa per le ragioni sopra menzionate. Fatima-Zahra fa la prostituta a Casablanca da molto tempo, ma i suoi ultimi travagli portano lei e suo figlio a una nuova vita a Tangeri, con Selim ora abbastanza grande per guadagnarsi da vivere. La natura di "coproduzione francese" del film viene poi svelata sullo schermo quando Sébastien (Antoine Reinartz, impressionante nei lavori di Robin Campillo e Olivier Assayas), un simpatico albergatore espatriato, assume Selim, prima per lavori di ristrutturazione, poi per qualcosa di diverso, fino a che il ragazzo acquisisce lo status ibrido di domestico-concubino.

Fatima-Zahra viene corteggiata da un autista di autobus inizialmente affabile, Moustapha (Moustapha Mokafih), che traghetta lei e suo figlio da Casablanca a Tangeri e le propone gentilmente di tenersi in contatto, ma questa placida facciata (che prometterebbe una certa stabilità domestica) nasconde un lato autoritario, esacerbato dall’impulso misogino dell'uomo che si manifesta nella sua bigamia. Così, sulla carta, Boulifa, che sapevamo già essere influenzato da Pasolini e Fassbinder e che qui mostra ancora più gusto, potrebbe essere accusato di immergere i suoi personaggi nella disperazione, di imbrigliarli, come sceneggiatore abilmente manipolatore, con infiniti ostacoli drammaturgici. Eppure, non è questo il caso. La chiave è nel titolo: i dannati non piangono. La vita, l'autoconservazione e l'empatia che il miglior cinema può offrire continuano e le lacrime si asciugano da sole, come nella canzone di Amy Winehouse.

The Damned Don’t Cry è una coproduzione tra Francia, Belgio e Marocco. Il film è prodotto da Vixens, e coprodotto da Frakas Productions e Kasbah Films. Le vendite internazionali sono guidate da Charades.

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(Tradotto dall'inglese)


Photogallery 08/09/2022: Venezia 2022 - The Damned Don't Cry

7 immagini disponibili. Scorri verso sinistra o destra per vederle tutte.

Fyzal Boulifa, Abdellah El Hajjouji, Aicha Tebbae, Antoine Reinartz
© 2022 Fabrizio de Gennaro for Cineuropa - fadege.it, @fadege.it

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