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ROMA 2022

Recensione: Rapiniamo il Duce

di 

- Nonostante una buona realizzazione tecnica ed un concept di base con del potenziale, il nuovo film di Renato De Maria è caotico e non diverte

Recensione: Rapiniamo il Duce
Luigi Fedele, Alberto Astorri, Marcello Macchia, Pietro Castellitto, Coco Rebecca Edogamhe e Tommaso Ragno in Rapiniamo il Duce

Forse uno dei titoli più attesi di questa edizione della Festa del Cinema di Roma, Rapiniamo il Duce [+leggi anche:
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scheda film
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di Renato De Maria potrebbe rivelarsi per molti una cocente delusione. Il film, presentato nella sezione Grand Public e che arriva su Netflix il 26 ottobre, parte da un concept piuttosto interessante.

Siamo a Milano nel 1945 e la guerra sta per finire. Un ladro attivo nel mercato nero, noto con il nome di “Isola” (Pietro Castellitto) e la sua ragazza, una sciantosa di nome Yvonne (Matilde De Angelis), si ritrovano a pianificare il furto del leggendario tesoro di Benito Mussolini, nascosto dal Duce nella cosiddetta “Zona nera” della città. Dopo il colpo, progettano di fuggire con il malloppo verso la Svizzera. Insieme al fido Marcello (Tommaso Ragno) assemblano così una squadra di complici improponibile per mettere a segno il colpo: tra questi spiccano un anarchico soprannominato Molotov (Alberto Astorri), il pilota campione della Mille Miglia Giovanni Fabbri (uno sprecatissimo Marcello Macchia, meglio noto come Maccio Capatonda) e l’improbabile personaggio di Hessa (Coco Rebecca Edogamhe, qui totalmente fuori ruolo). Gli antagonisti fascisti sono tutti ridotti a macchiette, in particolare il gerarca Borsalino (Filippo Timi) e sua moglie Nora Cavalieri (Isabella Ferrari), una diva del cinema dal passato glorioso.

Bisogna in ogni caso sottolineare che le interpretazioni, purtroppo tutte sotto tono, sono pesantemente influenzate da una scrittura molto debole nel costruire i personaggi e superficiale nel delinearne i conflitti, nonché dai risvolti narrativi estremamente prevedibili.

Il poutpurri musicale ed estetico non contribuisce a migliorare l’esito dell’operazione.  Per esempio, tra i brani della colonna sonora, curata da David Holmes, figurano scelte anacronistiche come Se bruciasse la città di Massimo Ranieri, Amandoti di Gianna Nannini, Tutto nero di Caterina Caselli ed alcune di queste con presenza sia extra-diegetica, sia diegetica quando cantate da Yvonne. In diversi momenti, ad esempio quando vengono introdotti i complici della banda o si raccontano alcune fasi del piano, il film mostra alcune sequenze animate, trasportandoci in maniera sconclusionata in un altro tipo di opera, forse più vicina al cinecomic.

Tanti altri dettagli non tornano, in particolare le dinamiche di diverse scene d’azione “caciarone”. Alcune di queste sono fin troppo forzate per essere digerite, anche con una buona dose di sospensione dell'incredulità. Un esempio da citare in tal senso è quello della rocambolesca scena della liberazione di Molotov. Nella scena in questione, ambientata in pieno giorno, Hessa, una partigiana nera in abiti maschili, riesce a rubare le chiavi per liberare Molotov dalle tasche di una camicia nera, passandogli accanto. Ciò avviene proprio mentre la guardia marcia insieme al suo plotone e nessuno si accorge di nulla. Hessa riesce a passare le chiavi a Isola, travestito da frate, il quale riesce a consegnarle poi a Molotov, prima che la sua impiccagione venga eseguita. Riescono, infine, tutti a scappare grazie a Fabbri, il quale, alla guida di un pick-up, alza una quantità assurda di polvere, facendo ruotare su se stesso il veicolo e creando scompiglio tra le fila nemiche.

Insomma, cosa resta da aggiungere? Si tratta di un’altra occasione persa. Anche un lavoro più curato in termini di scrittura e coerenza stilistica sarebbe bastato a migliorare sensibilmente la qualità del risultato finale.

Rapiniamo il Duce è una produzione targata Bibi Film TV.

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