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ARRAS 2022

Recensione: After the Winter

di 

- Il montenegrino Ivan Bakrač rivela un talento sottile e molto promettente con un primo lungometraggio su cinque amici d'infanzia alle soglie dell'età adulta

Recensione: After the Winter
Maja Šuša e Momcilo Otaševic in After the Winter

"Il mio amico, quando soffro, non dice ti amo. So che non gli piace. Quindi mi ascolta. So che mi sente e mi guarda. So che capisce”. Questo estratto da una poesia di Chantal Abraham, inserito in un'innocua sequenza in un'aula di scuola elementare nel cuore di After the Winter [+leggi anche:
trailer
intervista: Ivan Bakrač
scheda film
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di Ivan Bakrač, potrebbe riassumere perfettamente l'essenza del primo lungometraggio del regista montenegrino se vi aggiungessimo un estratto da Fuoco fatuo di Louis Malle, introdotto altrettanto surrettiziamente (fuori campo, in televisione): "Non posso muovere le mani in avanti, non posso toccare le cose. E quando tocco le cose, non sento nulla”. È infatti in questa nebulosa via di mezzo emotiva, nel valzer di esitazione che separa la fine della giovinezza dall'inizio dell'età adulta, che oscillano i cinque amici, tratteggiati con grande finezza dal regista in un film presentato l'anno scorso a Karlovy Vary e proiettato oggi nella sezione Visions de l’Est del 23° Festival di Arras.

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Jana (Ivona Kustudic), Marija (Ana Vuckovic), Mladen (Momcilo Otaševic), Danilo (Petar Buric) e Bubi (Maja Šuša) sono bambini della piccola città montenegrina di Nikšić. Sono sempre stati legatissimi tra loro e ora sono studenti ottusi, che fanno lavori saltuari come per ritardare il salto alla fase successiva della loro vita e godersi ancora la complice ebbrezza della post-adolescenza (festival musicali, nuotate, feste in discoteca, ecc.). Ma naturalmente c'è anche l'amore, con la voglia o meno di impegnarsi, la facilità di alcuni e le difficoltà di altri, i dolori e le sorprese. Tutto questo senza dimenticare la famiglia (e i suoi segreti del passato, una coltre plumbea e l'omertà trasmessa dalla guerra dei Balcani di 25 anni prima) e le tradizioni patriarcali da cui si sono allontanati perché i due ragazzi condividono un appartamento a Belgrado, Bubi vive anche lui in Serbia a Novi Sad, mentre Jana e Marija convivono nella città balneare montenegrina di Kotor dove hanno un lavoro nel settore alimentare. Si chiamano su Facetime, si tengono informati, dormono insieme, fanno progetti comuni, si accompagnano l'un l'altro nella loro città natale (prendendo strade secondarie), danno spazio agli altri o si sostengono in caso di bisogno.

Questa amicizia viene declinata dal regista in tre tempi (nell'arco di quasi un anno), prima tra ragazze (Jana e Marija), poi tra ragazzi (Mladen e Danilo), infine tra ragazze e ragazzi (Mladen e Danilo con Jana e Marija, poi Bubi con Mladen prima che i cinque amici si ritrovino tutti insieme a Nikšić). Un crocevia esistenzialista che il film tratteggia con grande accuratezza, delineando un ritratto generazionale in cui ognuno dei protagonisti sviluppa una vera e propria identità, in una grande varietà di ambienti (la seconda parte è come un road movie) e di atmosfere. Ma After the Winter rivela anche e soprattutto un regista molto sottile, che tesse (con piacevole leggerezza) la sua tela con piccoli tocchi discreti e delicati, in inquadrature superbamente composte (senza alcuna ostentazione, con Dusan Grubin alla direzione della fotografia) e ricche di numerosi dettagli suggestivi. Insomma molte qualità mascherate in modo molto elegante e sapiente che fanno di Ivan Bakrač un regista da osservare.

After the Winter è prodotto dalle montenegrine Artikulacija e ABHO Film con le serbe Biberche Productions e Akcija Produkcija, la croata Maxima film e la francese Arizona Films Productions, che si occupa anche delle vendite internazionali.

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(Tradotto dal francese)

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