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IDFA 2022

Recensione: Much Ado About Dying

di 

- Simon Chambers, vincitore del premio per la regia all'IDFA si avvicina a disagio al suo protagonista nel suo film, ma poi rivela anche molto di se stesso

Recensione: Much Ado About Dying

Shakespeare era molto presente nella selezione dell'IDFA di quest'anno, in particolare la famosa frase "Tutto il mondo è un palcoscenico", citata sia in Dreaming Arizona [+leggi anche:
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intervista: Jon Bang Carlsen
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che in Much Ado About Dying [+leggi anche:
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, film che ha fatto guadagnare a Simon Chambers il premio per la Migliore regia (leggi la news).

Chambers parla qui della propria famiglia - di suo zio David, per l'esattezza - che è fragile, malato e solo. È possibile che quest'uomo, ormai ottantenne, si veda davvero come Re Lear, incompreso e abbandonato da tutti. Oppure semplicemente ama l'attenzione, come pare abbia sempre fatto. Ma non si tratta di un'allegra rappresentazione di un anziano signore, attore e insegnante, che si prepara per il suo ultimo inchino. È scomodo, triste e a volte semplicemente strano. In altre parole, è interessante.

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Con il suo inizio in stile horror, la pioggia battente e il primo piano di un uomo anziano che ulula come se soffrisse di un dolore inimmaginabile, Much Ado About Dying non è un film che ti fa stare bene. Forse perché la vita di David non è facile. Sopravvive grazie a zuppe in scatola, non esce di casa da anni e spruzza dentifricio su tutte le prese elettriche - ha sentito dire che i topi non amano molto la menta piperita. Assistere a queste condizioni ti lascia pietrificato, eppure non è molto sorprendente. Sono tante le persone che vivono in questo modo e a volte, a differenza di David, non possono nemmeno chiamare qualcuno per dire che potrebbero morire da un momento all’altro.

David, come capiamo subito, non ha intenzione di morire. Almeno non subito. È un protagonista piuttosto interessante: in parte esibizionista - "non lo facevo solo per la telecamera", afferma - in parte disperato e dominato dal suo corpo malato. "Non è stato davvero da brivido, ma è stato bello", afferma a proposito del suo primo rapporto sessuale. Probabilmente per tutta la vita gli è stato detto di sparire, così ha continuato a farlo anche in seguito, nascondendosi nel suo appartamento, ascoltando musica, suonando per finta il pianoforte come se fosse posseduto.

Eppure sembra che parte della malinconia del film provenga direttamente da Chambers, che condivide anche alcune intuizioni sulla propria vita. Anche lui sembra perso, nascosto da qualche parte in India come gli adolescenti degli anni Novanta. Lotta con la sua sessualità, uscendo e rientrando nell'armadio. Forse assistere alla graduale scomparsa dello zio fa emergere in lui alcune paure. Forse, aiutandolo, riesce a convincersi che il suo futuro sarà diverso.

Con una storia così personale, sfruttamento e intimità rischiano sempre di andare di pari passo, perché Chambers mostra spesso ciò che altri probabilmente nasconderebbero. Si parla tanto di invecchiare o morire con dignità. È difficile farlo con la telecamera presente che ti fissa la pelle. Ma David non sembra preoccuparsi più di tanto, anche se è così esposto. Lui è una cosa e il suo corpo, che continua a tradirlo, un'altra. Forse è la presenza di Chambers che fa sembrare tutto un po' più equo. Così, si tratta della storia di due persone sole e di due lotte separate. E del fatto che cantare Hot Chocolate renderà sempre tutti allegri.

Much Ado About Dying è prodotto dall’irlandese Soilsiu Films e da Simon Chambers.

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(Tradotto dall'inglese)

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