email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

FILM / RECENSIONI Belgio / Francia

Recensione: Temps mort

di 

- Eve Duchemin descrive con intensità e finezza l'impossibile fuga di tre detenuti in permesso che lottano per darsi l'opportunità di vivere

Recensione: Temps mort
Karim Leklou in Temps mort

Inizia con il rumore, il frastuono, le grida d'angoscia. Vite soffocate come le grida dei detenuti racchiuse dietro le porte blindate, nel mondo sbarrato del carcere, come un'interminabile apnea in attesa di riemergere, fuori. Fuori è dove il signor Hamosin, Anthony e Colin andranno questo fine settimana. Dove le loro famiglie, lacerate da sentimenti contraddittori, li aspettano, oppure no, per 48 ore di permesso. Ma cosa possono ancora permettersi questi tre uomini ridotti a numeri della loro prigione? La grande forza di Temps mort [+leggi anche:
trailer
intervista: Eve Duchemin
scheda film
]
, primo lungometraggio di Eve Duchemin, presentato al Festival Ramdam di Tournai, è che la sua scrittura e la sua regia permettono agli uomini, alle loro angosce, alle loro ferite e alle loro frustrazioni di emergere da sotto il guscio dei detenuti. La loro lotta per ritrovare chi erano nella vita precedente, prima di essere rimandati ai loro crimini.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Il signor Hamosin (interpretato con incredibile densità da Issaka Sawadogo) sta per finire una lunga condanna. Ha un week-end per firmare un contratto di lavoro, che è un prerequisito per il suo rilascio definitivo. Un fine settimana, forse, per rinnovare i legami familiari che ha spezzato quando è entrato in carcere.

Anthony (il sempre intenso Karim Leklou) ha ancora qualche anno da scontare, messo fuori gioco da una camicia di forza chimica che spegne il fuoco dei suoi impulsi distruttivi. Accolto dalla sua famiglia allargata, vede la vita che gli scivola via, che si svolge senza di lui, e si propone di godersela nonostante tutto, anche se il tempo stringe.

Colin (interpretato dall'esordiente Jarod Cousyns), alla sua prima volta, si è lasciato alle spalle gran parte della sua spensierata adolescenza entrando in carcere. Si ritrova con amici che non hanno necessariamente buone intenzioni, mentre la madre e la sorella lo accolgono con riluttanza.

Sebbene la prigione appaia solo nei primissimi minuti del film, è costantemente presente nella mente dei detenuti, che si perdono non appena sono liberi, né i loro corpi né le loro emozioni, quando si avvicinano al punto di rottura in cui le dighe cedono. Il film mostra come il carcere frustri i corpi e crei assenza, come abbia anche un impatto sulle famiglie, che navigano tra amore e imbarazzo, risentimento, vergogna, gentilezza e spesso sostegno incrollabile nonostante tutto. I detenuti, gravati dal peso del loro crimine e dal debito contratto nei confronti dei loro cari e della società, disumanizzati da un'istituzione carceraria che lascia il segno, dovranno imparare a ristabilire quel dialogo, sociale e familiare, che può far intravedere una possibile redenzione.

Temps mort è prodotto da Kwassa Films (Belgio), che aveva già accompagnato la regista per il mediometraggio En bataille, portrait d'une directrice de prison, Premio Magritte per il miglior documentario. Il film è coprodotto da Les Films de l'autre cougar (Francia). Le vendite internazionali sono curate da Pyramide International, che distribuirà anche il film in Francia. Temps mort uscirà in Belgio il prossimo 19 aprile con O’Brother Distribution.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy