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SUNDANCE 2023 Spotlight

Recensione: Squaring the Circle (The Story of Hipgnosis)

di 

- Il documentario di Anton Corbijn sul team creativo dietro alcune delle copertine degli album più iconiche degli anni '70 e oltre è più convenzionale dei suoi soggetti

Recensione: Squaring the Circle (The Story of Hipgnosis)
Aubrey “Po” Powell in Squaring the Circle (The Story of Hipgnosis)

Realizzare un documentario su artisti il cui lavoro è stato alimentato da un talento innato, dalle droghe e dalla pura energia giovanile, piuttosto che da decisioni attentamente ponderate o da principi chiaramente definiti, è sempre una sfida. Cercare di comunicare l'entusiasmo che si provava all'inizio per le loro creazioni, quando queste ultime sono ormai così famose da essere onnipresenti, è un altro ostacolo considerevole. Tuttavia, è un peccato vedere Anton Corbijn ricorrere a interviste e filmati d'archivio per Squaring the Circle (The Story of Hipgnosis) [+leggi anche:
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scheda film
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, il suo documentario proiettato alla sezione Spotlight del Sundance sul team creativo britannico che ha realizzato alcune delle opere d'arte discografiche più iconiche degli anni Settanta. Sebbene sia un lavoro relativamente semplice da assemblare, questo formato finisce quasi inevitabilmente per conferire a sviluppi entusiasmanti e, talvolta, del tutto imprevedibili, un aspetto noioso e nostalgico, smussando gli alti e i bassi che rendono qualsiasi percorso creativo degno di essere esplorato.

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I momenti migliori del film sono quelli in cui Aubrey "Po" Powell, il membro superstite del duo originario Hipgnosis, spiega in dettaglio come lui e il suo collaboratore Storm Thorgerson abbiano avuto le idee per alcune delle loro opere più sorprendenti. Una sequenza particolarmente interessante e divertente riguarda il design di House of the Holy dei Led Zeppelin, un esempio che illustra molto bene la miscela di idee stravaganti e pensiero pratico che ha permesso ai due uomini di creare così tanta arte originale, così rapidamente: Le inarrestabili ambizioni artistiche di Storm - descritto da ogni persona intervistata come "rude" - combinate con le capacità più pragmatiche di Po, sono state in grado di generare magia. Ma anche la fortuna ha fatto la sua parte. I due uomini, che si sono incontrati per puro caso, hanno fondato la loro società di design solo dopo aver disegnato la prima copertina di un disco per gli amici Pink Floyd, e da lì sono arrivati altri lavori.

La decisione di Corbjin di girare le interviste con amici, colleghi e artisti - tra cui Paul McCartney, Peter Gabriel e membri dei Pink Floyd, ma anche Noel Gallagher come voce di una generazione più giovane di musicisti per i quali gli Hipgnosis erano delle leggende, piuttosto che dei collaboratori - in bianco e nero è illuminante, perché oltre a essere lusinghiera nei confronti dei suoi soggetti, aiuta anche a fondere meglio i loro commenti nella storia che viene raccontata. Il regista capisce che i dettagli sono più interessanti del semplice arco di ascesa e declino della storia del team di progettazione e inserisce molti aneddoti divertenti in un film di una durata perfettamente ragionevole. La franchezza del soggetto principale dell'intervista, Powell, che ammette liberamente che ciò che voleva fare era guadagnare un sacco di soldi, mentre Storm era più preoccupato della visione e dell'integrità dell'azienda, è rinfrescante e annulla gran parte della romanticizzazione degli anni Settanta (che, a dire il vero, sono stati davvero un grande periodo per la musica).

Forse si sarebbe potuto fare di più sulla dissonanza culturale in cui il team si trovò alla fine, ma questo è chiaramente un documentario realizzato per i fan degli Hipgnosis e delle band e degli artisti con cui lavorarono, piuttosto che un'opera di analisi storica dettagliata.

Squaring the Circle (The Story of Hipgnosis) è stato prodotto da Raindog Films (Regno Unito). Le sue vendite internazionali sono gestite da Rocket Science.

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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