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SOLETTA 2023

Recensione: The Curse

di 

- Il primo potente lungometraggio di Maria Kaur Bedi e Satindar Singh Bedi ci mostra con coraggio l’intimità di una coppia alla ricerca di un’impossibile redenzione

Recensione: The Curse

Maria Kaur Bedi, regista svizzera formatasi alla ZHdK (Zürcher Hochschule der Künste) e alla Rhode Island School of Design (US) e Satindar Singh Bedi, regista indiano ex alunno del FTII (Film and Television Institute of India) si sono incontrati qualche anno fa allo Zurich Film Festival in occasione di una Master Class. Da questo incontro al contempo fortuito e scritto negli astri (Satindar afferma di aver avuto una premonizione a questo proposito) nasce un’intensa relazione che sfocia nel lungometraggio The Curse [+leggi anche:
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scheda film
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, proiettato alle Giornate di Soletta, nella sezione del Prix de Soleure.

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The Curse è uno di quei film che ti catturano sin dalle prime immagini, un UFO nel panorama cinematografico elvetico (ma non solo) che trasforma i sentimenti in pura poesia visiva. Sperimentale senza cadere però nello sterile intellettualismo, The Curse racconta la storia d’amore straziante di una coppia elvetico indiana alle prese con un mostro chiamato dipendenza. Grazie all’utilizzo di un linguaggio visivo poetico dai toni mistici che ricorda la forza violentemente catartica di Maya Deren, il film evoca la lotta contro l’alcolismo che entrambi (in modo diverso, lui come attore e lei come osservatrice inerme) devono affrontare.

The Curse alterna momenti di rabbia e disperazione e micro scintille di speranza che svaniscono però come fuochi fatui. La coppia si abbandona senza falsi pudori con una sincerità che tocca nel profondo, si offre a noi in un catartico rituale cinematografico. Quella raccontata nel film è una storia d’amore autobiografica che sfata il mito dell’alcol (ma potremmo inglobare anche la droga o altre forme di dipendenza) quale catalizzatore di creatività ed estro artistico. La magia del cinema è messa al servizio di una storia intima, profonda e toccante che parla con feroce onestà delle devastanti conseguenze della dipendenza all’alcol. Una dipendenza che forse non avrà mai fine, e questo malgrado l’amore che unisce la coppia.

Particolarmente riuscita è anche la scelta di utilizzare la voce fuori campo come protagonista indiscussa della vicenda. I corpi incarnati allo schermo non sono che ombre, schizzi deformati di una realtà che sfugge pericolosamente di mano. La voce, le frasi recitate con una potenza emotiva straziante, sono tutto ciò che rimane dei protagonisti, involucri ormai vuoti che si aggrappano con forza alle ultime speranze. In una sorta di poetry slam senza fine, le voci di Maria Kaur Bedi e Sati (come lo chiama lei teneramente) si susseguono senza incontrarsi, il loro eco si espande nel cosmo alla ricerca di risposte che forse non esistono nemmeno.

The Curse è un monologo a due voci (tre se si considera il rantolo ossessivo della dipendenza) che si nutre di un sottotesto sonoro che evoca il passato: il cinguettio degli uccelli, i passi ovattati di Sati nella neve mentre racconta la sua crudele infanzia, la musica che si trasforma a volte in mantra dal sapore mistico. Le emozioni espresse dai due protagonisti sono viscerali, più animali che umane, riflesso di una lotta interiore che si trasforma in accanimento. Emblematica e toccante a questo proposito la descrizione che Sati fa di sua madre poco prima che morisse a causa dell’alcolismo, un misto di profumi famigliari quali l’incenso e il kajal e odori spaventosi quali il disinfettante dell’ospedale o quello emanato dal suo corpo ormai devastato dalla dipendenza.

The Curse è un film estremamente coraggioso ed esteticamente potente che ci confronta con le difficoltà di amare qualcuno malgrado i suoi demoni interiori, un amore incondizionato che vuole illuminare le tenebre.

The Curse è prodotto dalle svizzere Spirited Heroine Productions e Tilt Production.

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