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IFFR 2023 Concorso Tiger

Recensione: Le spectre de Boko Haram

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- Il primo lungometraggio di Cyrielle Raingou fa il punto sulle ferite lasciate dalla famigerata organizzazione terroristica in un villaggio del Camerun al confine con la Nigeria

Recensione: Le spectre de Boko Haram

La scelta di intitolare il film di Cyrielle Raingou Le spectre de Boko Haram [+leggi anche:
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scheda film
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è sicuramente azzeccata. Nel suo primo lungometraggio, presentato all'IFFR International Film Festival Rotterdam , dove ha vinto il Tiger Award (leggi la news), la regista fa il punto sulle conseguenze delle brutalità e delle stragi perpetrate dalla famigerata organizzazione terroristica a Kolofata, un piccolo villaggio del Nord Camerun al confine con la Nigeria.

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Il film inizia con un'inquadratura notturna che ritrae un focolare. Nei pressi è seduta una bambina che ci racconta come è avvenuta la macabra uccisione di suo padre. Mentre puliva una grondaia, l'uomo è stato avvicinato da due sconosciuti con in mano un pollo. Il padre chiede se lo stiano vendendo e per quanto. All'improvviso, uno dei due uomini preme un pulsante sotto i vestiti e si  fa esplodere. A questa scena seguono alcune brevi inquadrature che ritraggono l'apparentemente tranquillo insediamento di Kolofata, interrotte poi da alcuni colpi di arma da fuoco sparati poco lontano dal villaggio.

La testimonianza della bambina e le scene successive costituiscono un incipit semplice ma efficace che riesce a raccontare allo spettatore come lo spettro del titolo sia ancora molto vivo nei ricordi e nella vita quotidiana della comunità, nonostante i coraggiosi tentativi di andare avanti.

Raingou decide di concentrarsi su un gruppo di bambini. Dopo aver conosciuto Falta Souleymane nella prima scena del film, ragazzina si dimostra abbastanza matura per la sua età e decisa a elaborare la scomparsa del padre, facciamo la conoscenza di Ibrahim Alilou e di suo fratello maggiore Mohamed, che lottano entrambi per affrontare i traumi del passato e per trovare un equilibrio tra la loro vivacità e i più banali doveri scolastici.

L'approccio della documentarista è discreto e prevalentemente di osservazione. La sua conoscenza degli abitanti del villaggio - tra cui l'insegnante della scuola elementare locale, che sembra essere un punto di riferimento a Kolofata - e della realtà travagliata con cui ha a che fare emerge in modo cristallino e le permette di essere delicata e sensibile con i giovani soggetti con cui lavora.

Quello che crea un così netto contrasto all'interno di questo film è la tranquillità surreale e la facilità con cui i bambini ci rivelano gli atti orribili a cui hanno assistito, mentre ogni angolo del loro villaggio è costantemente sorvegliato dall'esercito. Almeno in superficie, gli adulti sembrano i più deboli. Ma è tutta una questione di come il dolore viene elaborato e dei diversi livelli di consapevolezza che le persone hanno nelle diverse fasi della loro vita.

Nel complesso si tratta di un documentario commovente in cui si possono trovare molti momenti di grande sincerità. Colpisce, ad esempio, vedere una donna di 35 anni che ha perso tragicamente il marito mentre spiega alla figlia piccola come, nonostante tutto, sia grata per aver trascorso i migliori anni della sua vita con un uomo che amava e con cui non ha mai litigato. Anche questo semplice pensiero la aiuta ad andare avanti e a prendersi cura di sua figlia.

Le spectre de Boko Haram è prodotto da Tara Group (Cameroon) e Label Vidéo (Francia) in coproduzione con Canal+ International e Télé Bocal.

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(Tradotto dall'inglese)

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