Recensione: Transfariana
di Ola Salwa
- BERLINALE 2023: Il documentario di Joris Lachaise sostiene un diritto umano fondamentale: essere visti per quello che si è e non essere giudicati dalle apparenze

Alzi la mano chi ha mai sentito parlare di una coppia più strana di questa: un membro delle FARC e una prostituta trans. I protagonisti in questione sono Jaison e Laura, e si sono innamorati in un carcere colombiano dove entrambi stavano scontando una pena. Ma Transfariana [+leggi anche:
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intervista: Joris Lachaise
scheda film] di Joris Lachaise non intende esotizzare i suoi protagonisti. Proiettato nella sezione Panorama della Berlinale, questo documentario crudo ed empatico ci offre un'utile prospettiva sulle comunità che sono state, o continuano ad essere, stigmatizzate e discriminate. Lo sguardo va oltre la superficie e offre una prospettiva curiosa su gruppi che solitamente sono rappresentati al cinema come personaggi periferici eccitanti o curiosi. Qui il personale è politico, e anche il politico è molto personale.
Laura, una donna transgender, è stata condannata a 60 anni di reclusione, principalmente per reati che non ha commesso. Ma non è nemmeno innocente: come prostituta, serviva da esca per gli uomini, che in seguito venivano derubati. Una volta in prigione, è stata trasferita in un'ala dove ha incontrato Jaison, un membro delle FARC, che si proclamava prigioniero politico. È un tipo intellettuale e non un partigiano violento che ha rapito o ucciso persone. Dopo che Laura è diventata la sua ragazza, Jaison è stato espulso dalle FARC per questo motivo e successivamente è stato riammesso. È in qualche modo ironico che un'organizzazione che lottava per la libertà a un certo punto promuovesse una società omogenea ed eteronormativa, maschilista. Poi ha cambiato idea. E – dopo che il trattato di pace era in corso – ha invitato una donna transgender ad arruolarsi (da qui il titolo del film: una fariana è una donna guerrigliera).
Lachaise segue Jaison dopo il suo rilascio e utilizza video registrati durante la sua permanenza in prigione, così come altri filmati d'archivio, anche delle manifestazioni politiche delle FARC (come alcuni dei suoi membri, dopo la firma di un trattato all'Avana e lo scioglimento dell'organizzazione nel 2017, ha optato per una legittima carriera politica). Quella storia si intreccia con le manifestazioni e le lotte delle donne transgender. Sono colorate, sono rumorose e stanno facendo progressi nella loro lotta, anche se a piccoli passi. Dal 1993 non vengono più punite per il fatto di indossare abiti femminili, e nel film vediamo un poliziotto dire che qualunque sia il sesso segnato sulla loro carta d'identità, chi si sente una donna è una donna.
Con le loro stesse parole, spiegano che c'è di più nella loro identità oltre a vestiti drag, capelli folti e trucco stravagante. E questo solleva quella che probabilmente è la domanda più pertinente: come si costruisce la propria identità nel mondo fluido di oggi? Quali elementi, parole e narrazioni dovremmo usare quando costruiamo la nozione di "sé"? Questo documentario di 144 minuti non dà risposte, ma pone esplicitamente questa domanda. Trascorrendo così tanto tempo con Jaison, Laura, Lulu e altri, vedere come loro si evolvono, e come la società invece non lo fa, diventa quasi straziante. Perché anche se è fuori, e la sua ex ragazza no, Jaison continua a lottare per liberarsi dalla prigione del pregiudizio e della sfiducia.
Transfariana è un documentario franco-colombiano prodotto dalla società di produzione marsigliese Mujō e Romeo, con sede a Bogotá, in coproduzione con Fuega (Bogotá). MPM Premium vende il film a livello internazionale.
(Tradotto dall'inglese)
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