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BERGAMO 2023

Recensione: Le prix du passage

di 

- Il film del regista francese Thierry Binisti affronta in tema dell’emigrazione con naturalezza e verosimiglianza con qualche concessione allo stile registico televisivo

Recensione: Le prix du passage
Adam Bessa e Alice Isaaz in Le prix du passage

“Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, poi Budapest, Austria, Germania, Calais”. Questa è la risposta di Walid (Adam Bessa) a Natacha (Alice Isaaz), che gli ha chiesto del suo viaggio dall’Irak fino in Francia. Giovane madre single che lavora come cameriera in un bar e stenta a mantenere se stessa e il figlio Enzo di otto anni, Natacha adora l’Italia ma non si è mai mossa dalla costa che si affaccia sul Canale della Manica. Walid è in attesa di poter attraversare clandestinamente quel sorvegliatissimo tratto di mare per raggiungere Londra assieme al fratello. Ha studiato letteratura, è colto e cita Voltaire (“Un uomo è libero nel momento in cui desidera esserlo”), dice di essere “un sopravvissuto, non una vittima”.  Proprio come Natacha, che non ha impresse negli occhi la paura e la morte come l’iracheno, e nemmeno le sue cicatrici sulla schiena, ma si sente un animale in gabbia, ferita ma pronta a riprendersi la sua libertà.

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I due protagonisti di Le prix du passage [+leggi anche:
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del regista francese Thierry Binisti – gran vincitore del Bergamo Film Meeting 2023 – si sono incontrati per caso e sono le facce di due culture e civiltà diverse che sempre più sono obbligate a confrontarsi. Il prezzo di quel “passaggio”, come recita il titolo originale del film, sta tutto nel prendere dolorosamente coscienza di un altro da sé, che ha bisogno di asilo, di protezione. Natacha passa da un disincanto del tutto provinciale - cercare i soldi per lo scaldabagno che non funziona più - alla doccia fredda di un livello successivo di consapevolezza del mondo. Non esita a nascondere nel portabagagli della sua Dacia ragazzi africani o famiglie siriane per traghettarli a Dover per denaro, finché non capisce che quella cosa illegale che sta facendo è forse una missione.

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intervista: Philippe Lioret
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di Philippe Lioret, che aveva aperto un dibattito sulla depenalizzazione del favoreggiamento dei clandestini : lì un uomo, un francese, in crisi coniugale, incontra un minorenne curdo che vuole attraversale la Manica a nuoto. Diffidenza prima, conoscenza reciproca, collaborazione. Thierry Binisti è un regista eclettico: partito con il cinema, è passato alla tv con miniserie storiche di successo, serie poliziesche, commedie romantiche e familiari, adattamenti letterari e nel 2014 addirittura un film televisivo per France 3 sul tema della transidentità, Belinda et Moi. Qui dirige la effervescente Alice Isaaz con naturalezza e grande verosimiglianza e ha il merito di sintetizzare il complicato mondo dei migranti in Europa con una certa plausibilità, tra clandestini e “dublined” (ovvero un migrante già registrato in un altro Paese europeo e che quindi non può chiedere asilo in Francia). Dopo una dinamica ma controllata prima parte, il regista sembra preoccupato di far apparire il film troppo “autoriale” e lo movimenta nella seconda parte, finendo per dilungarsi con scene d’azione non così necessarie e svariati sottofinali. Una concessione allo stile registico televisivo che lo allontana dalla aurea sobrietà di Welcome o dal geniale realismo magico di Miracolo a Le Havre [+leggi anche:
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intervista: Aki Kaurismäki
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di Aki Kaurismäki. In definitiva un film che può trovare un pubblico più largo di quello dei festival, pronto ad essere sensibilizzato su un tema importante.

Le prix du passage è una coproduzione franco-belga di TS Productions e Artémis Productions. Sarà distribuito in Francia da Diaphana dal 12 aprile. Le vendite internazionali sono curate da Be for Films.

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