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BERGAMO 2023

Recensione: Le proprietà dei metalli

di 

- Raccontando di un bambino con facoltà paranormali, Antonio Bigini si interroga sulle “forze invisibili” a cui abbiamo smesso di credere, con una poetica fragilità che potrebbe deludere lo spettatore

Recensione: Le proprietà dei metalli
Martino Zaccaro in Le proprietà dei metalli

Fenomeno televisivo tipico degli anni Settanta, l’illusionista Uri Geller, era (apparentemente) in grado di piegare chiavi e cucchiai al solo tocco. I minigeller erano invece i bambini che emulavano il maestro, riuscendo in certi casi ad attirare l’attenzione degli scienziati. Le proprietà dei metalli [+leggi anche:
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di Antonio Bigini, selezionato alla scorsa Berlinale nella sezione Generation Kplus e ora in concorso al Bergamo Film Meeting, racconta di un minigeller che vive nelle campagne dell’Appennino romagnolo dalla fine degli anni Settanta con il padre contadino, il fratellino e la nonna.

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Pietro (Martino Zaccaro) è schivo, non si comporta certo da proto-eroe mutante da scuola del Professor X o Umbrella Academy. Ma è consapevole della sua facoltà. Piega chiavi e forchette e il professor Moretti (David Pasquesi) che arriva dall’Università di Bologna per “studiarlo” è l’unico che sembra credere in lui. È bella la scena in cui Pietro è semplicemente invitato a descrivere degli oggetti metallici al tatto: il ragazzo definisce “caldo, morbido e verde” un coltello da formaggio e “frizzante, blu, somiglia ad un gatto” un grosso snodo d’acciaio. Il padre vedovo (Antonio Buil Pueyo), oppresso dai debiti, invece lo ignora. E cambia totalmente atteggiamento solo quando il professore universitario ventila un premio di 20.000 dollari negli Stati Uniti per chi porti la prova scientifica di un fenomeno paranormale.

Per il suo primo lungometraggio di finzione, il documentarista, sceneggiatore e curatore Antonio Bigini si è ispirato allo studio (che non è però mai stato pubblicato) del fisico Ferdinando Bersani e del docente universitario Aldo Martelli. Dirige la storia con molta delicatezza, con una sorta di poetica fragilità, lasciando molto non detto su questo ragazzino di umili origini costretto a misurarsi con il mondo degli adulti che vogliono vivisezionare le sue capacità nascoste. Una perdita dell’innocenza che è anche quella di un mondo contadino ormai sorpassato dai tempi.  Anche se non assimilabile, Le proprietà dei metalli rimanda ad una recente produzione norvegese, The Innocents [+leggi anche:
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intervista: Eskil Vogt
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appunto, di Eskil Vogt, thriller sovrannaturale visto in Un Certain Regard di Cannes 2021 su un ragazzino con poteri telecinetici, un film che mette in discussione la natura del bene e del male, e la presunta innocenza dei bambini.

Il film di Bigini non sfoggia effetti speciali, la sua forza è l’assoluta originalità dell’idea di partenza, che apre interrogativi sul mondo “pieno di forze invisibili a cui la gente ha smesso di credere”, per usare le parole del professore nel film. Lo fa sottraendo troppo al materiale narrativo e alla sua drammaturgia e molti spettatori potrebbero sentirsi in qualche modo traditi da tanta evanescenza.

Le proprietà dei metalli è prodotto da Kiné Società Cooperativa con Rai Cinema. True Colours si occupa delle vendite internazionali.

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