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CPH:DOX 2023

Recensione: After Work

di 

- Il nuovo documentario di Erik Gandini è giocoso e coinvolgente, ma arriva un po' in ritardo rispetto al tema attuale che affronta

Recensione: After Work

Nel mondo di oggi, dove la natura del lavoro è in costante mutamento e i diritti dei lavoratori vengono calpestati da nuove modalità di occupazione, come la gig economy, il nuovo documentario del regista italo-svedese Erik Gandini, After Work [+leggi anche:
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, che è stato proiettato in anteprima mondiale al CPH:DOX, si presenta come una riflessione di un osservatore semi-curioso, ma non effettivamente coinvolto.

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Come dimostrano i suoi lavori precedenti, come Surplus - Terrorized into Being Consumers o il suo più grande successo, Videocracy [+leggi anche:
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, Gandini sa certamente come realizzare un documentario attraente e coinvolgente su argomenti importanti e attuali. Ora, collaborando con il direttore della fotografia abituale di Ruben Östlund, Fredrik Wenzel, e con una colonna sonora composta da Johan Söderberg e Christoffer Berg, ha realizzato un altro film dall'aspetto e dal suono splendidi, ma questa volta arriva un po' in ritardo.

Il documentario esplora il suo tema in luoghi così contrastanti come l'Italia, il Kuwait, gli Stati Uniti e la Corea del Sud, attraverso interviste con esperti, funzionari e gente comune, e con citazioni selezionate da registrazioni già esistenti – e ben note – di Noam Chomsky, Yiannis Varoufakis, Yuval Noah Harari ed Elon Musk. Si apre in Corea del Sud, dove il governo ha deciso di introdurre l'orario “PC off”, che spegne tutti i computer dell'ufficio alle 18 nel tentativo di cambiare le abitudini degli impiegati oberati di lavoro.

Un energico esperto di sviluppo etico americano racconta a Gandini della cultura statunitense di essere (o sembrare) sempre molto occupati, che porta le persone a non esaurire nemmeno le loro poche settimane di ferie, e un rappresentante Gallup descrive tre tipi di lavoratori: impegnati, non impegnati e attivamente disimpegnati – questi ultimi, secondo lui, sono quelli che rendono infelici tutti gli altri. Un filosofo fa risalire la moderna etica del lavoro al calvinismo e alla paura della dannazione, mentre un sociologo italiano descrive i NEET, giovani che “non studiano, non lavorano e non si formano”, fenomeno presente soprattutto nel Sud Europa.  

Nel Kuwait ricco di petrolio, a volte ci sono 20 persone per una stessa posizione, senza alcun lavoro effettivo da svolgere eppure pagate profumatamente. È qui che viene introdotta la dicotomia tra tempo libero e lavoro, così come il significato di scopo: una donna statunitense trova appagante il suo lavoro di fattorina per Amazon, anche se ha sentito parlare di colleghi scontenti costretti a urinare nelle bottiglie a causa del monitoraggio costante. In Italia incontriamo un giardiniere a cui non interessa divertirsi, ma anche una coppia in cui la moglie è una ricca ereditiera mentre il marito crede fermamente nel valore del lavoro e si oppone all'idea del reddito di base universale.

Questa nozione è combinata con l'introduzione dell'arma a doppio taglio dell'automazione e, nel suo tipico stile umoristico con tagli improvvisi e sound design accattivante, Gandini intreccia abilmente tutti questi elementi per una piacevole esperienza visiva – a meno che non abbiate seguito questo argomento con un certo interesse negli ultimi cinque anni, nel qual caso vi sembrerà tutto già detto. Per questo il film appare distante dal suo soggetto, come se il team di produzione non sapesse che la questione del lavoro, nell'era del capitalismo sfrenato, ha praticamente generato tutto un sottogenere di documentari, alcuni dei quali, come The Gig Is Up [+leggi anche:
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o opere ancora più piccole come Happy Worker dell'anno scorso, l'hanno esplorata con molto più impegno, sulla base di ricerche molto più approfondite, spesso aiutando il pubblico ad aprire gli occhi.

After Work è una coproduzione della svedese Fasad AB e l’italiana Propaganda Italia, in collaborazione con RAI Cinema, Sveriges Television AB - SVT, la norvegese Indie Film, l’olandese VPRO e la tedesca Geo Television.

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(Tradotto dall'inglese)

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