email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

MOVIES THAT MATTER 2023

Recensione: A Golden Life

di 

- Il primo lungometraggio documentario di Boubacar Sangaré segue un adolescente che lavora in una miniera d'oro in Burkina Faso

Recensione: A Golden Life

Il termine “estrazione artigianale dell'oro” può evocare diverse immagini, ma saranno certamente diverse dalla realtà in cui vive il giovane burkinabé Bolo. Insieme a un gruppo di amici, cerca l'oro nel sito di Bantara, dove molti giovani arrivano da tutto il Burkina Faso nella speranza di migliorare la propria vita. Boubacar Sangaré segue Bolo per tre anni nel suo primo documentario, A Golden Life [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, proiettato a Movies That Matter, dopo la sua prima mondiale alla Berlinale.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
lessismore_apply_writers_directors_articles

Apprendiamo molto velocemente che i genitori di Bolo non avevano i mezzi finanziari per tenerlo a casa, così che a 16 anni è arrivato a Bantara, dove trascorre le sue giornate a sfondare le pareti rocciose nello stretto pozzo, inginocchiato nell'acqua. Quando non è all'interno della miniera, rimane all'imboccatura, aiutando un amico a scendere con la fune o tirando su un secchio di fanghiglia in cui sperano di scorgere il riflesso lucente del metallo prezioso. Lo si vede anche cucinare fagioli, cercare costantemente sigarette, discutere delle tendenze musicali attuali. A volte passa anche la notte in un bar (cosa che non vediamo mai, ma ci rendiamo conto che dorme fino a tardi nella sua tenda).

A poco a poco, conosciamo da vicino tutta questa sottocultura dell'estrazione artigianale dell'oro esplosa in Burkina Faso a seguito della crisi finanziaria. È un lavoro pericoloso dove ti spacchi la schiena: a un certo punto si verifica un'esplosione, probabilmente a causa di uno dei generatori utilizzati per pompare l'acqua. Diverse inquadrature panoramiche rivelano un vero e proprio formicaio di tende dove lavorano centinaia di persone. Qui crescono Bolo e tanti altri giovani, e altri due personaggi dimostrano che anche tra i giovani ci sono generazioni diverse: Missa e Dramane hanno rispettivamente solo 12 e 13 anni, e guadagnano il loro magro stipendio spingendo carretti contenenti 50 chili di sacchi di terra estratta dalla miniera, che vengono poi portati al mulino prima di cercarvi frammenti d'oro.

L’intero processo è coperto molto bene in questo documentario interamente osservativo, e dalle conversazioni dei minatori scopriamo perché alcuni dei tunnel sono lunghi più di 100 metri e come alcune persone possono trascorrere più di due anni prima di trovare una briciola d'oro. C'è un'intera mitologia relativa ai jinn, che decidono se troveremo o meno l'oro in base all'impressione che facciamo su di loro. Ma la gente di Bantara ha qualcosa di nuovo da temere, oltre agli ovvi pericoli fisici: i cercatori bianchi sono arrivati e hanno risorse di gran lunga superiori a qualsiasi locale.

Eppure A Golden Life non è un film sulle ingiustizie globali, e nemmeno su ciò che gli adolescenti africani devono sopportare per poter vivere relativamente bene. È più un film di formazione, ed è facile vedere che Bolo e i suoi amici non sono molto diversi dagli altri adolescenti di tutto il mondo, tranne per il fatto che sono dovuti crescere molto più velocemente di molti altri. È questo il motivo per cui il documentario si concede qualche esplosione emotiva, ma compensa con un ritratto molto dettagliato del suo personaggio centrale e un quadro sociale basato su una ricerca approfondita. Più di vent'anni fa, lo stesso Sangaré era un bambino minatore a Bantara, quindi è praticamente la sua storia quella che racconta qui.

Sul piano tecnico è un film compiuto, con una distribuzione sobria di scene fluide e dove alcune sequenze girate con Bolo all'interno del buco aggiungono quella tensione che altrimenti mancherebbe, poiché l'insieme non offre altrimenti sviluppi spettacolari.

A Golden Life è una coproduzione tra la burkinabé Imedia, la società del Benin Merveilles Productions e la francese Les Films de la caravane. La praghese Filmotor detiene i diritti internazionali.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy