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D'A 2023

Recensione: Un sol radiant

di 

- Il film vincitore della sezione Talents del D’A è firmato da cinque cineaste, sfrutta le sue poche risorse e si affida alla suggestione per provocare inquietudine nonostante il suo titolo luminoso

Recensione: Un sol radiant
Laia Artigas in Un sol radiant

Vi ricordate Laia Artigas, la ragazzina protagonista di Summer 1993 [+leggi anche:
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nel 2017? Ebbene, come potete immaginare, è cresciuta ed è ancora una volta suo lo sguardo (speciale, unico, sensibile) al centro di Un sol radiant, opera – plurale e collettiva – di Mònica Cambra, Ariadna Fortuny, Clàudia García de Dios, Lucía Herrera e Mònica Tort. Le cineaste, di diversa provenienza (Gran Canaria, Minorca, Catalogna) e background, si sono conosciute durante gli studi all'Università Pompeu Fabra e, con il loro primo lungometraggio, hanno vinto il premio della sezione Talents al recente D’A Festival del cinema di Barcellona, dove è stato presentato in anteprima mondiale e alla cui proiezione ha partecipato la stessa Carla Simón.

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, anche Un sol radiant si svolge in estate, in ambienti rurali e si concentra su una famiglia: fin dai primi fotogrammi, le nuvole, gli alberi, il vento e la geografia creano un'atmosfera allo stesso tempo bella e inquietante, perché è in arrivo qualcosa di terribile. Un'incertezza a cui viene dato un nome e con cui conviviamo, come tutti siamo abituati a fare dopo la pandemia: che prima o poi questo pianeta che abitiamo andrà all'inferno.

La sua giovane protagonista, Mila (Artigas), è una preadolescente di spiccata sensibilità e dal viso super espressivo che guarda Íngrid, sua sorella maggiore (interpretata da Núria Sales) con alte dosi di ammirazione e affetto, e con la strana sensazione che lei non potrà mai sperimentare il suo stesso vortice emotivo: il bagliore eccitante del primo amore. Allo stesso tempo, la madre di entrambe (interpretata da Núria Prims, vista di recente in Sica [+leggi anche:
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e La última noche de Sandra M, entrambi presentati all'ultimo Festival di Malaga) e il nonno Gabriel (Jaume Villalta) cercano di affrontare – a volte con atteggiamenti contrastanti – un futuro imminente dove il controllo del destino è diventato una fantasia impossibile.

Così, con la cinepresa incollata su Mila, le registe di questo film, che osa giocare con il cinema apocalittico e allo stesso tempo raccontare il disincanto di una gioventù senza futuro (forse quella odierna?), instillano gradualmente nello spettatore quei sentimenti scoraggianti, con risorse scarse, ma abilmente sfruttate.

Attingendo al potere della suggestione grazie a un uso accorto della cinepresa (con ciò che è fuori campo che funge da devastante arma di distruzione di massa), le cinque amiche hanno realizzato un film molto sottile ma psicologicamente carico di suspense che pone la domanda: come ci si può preparare all'imminente possibilità della fine del mondo? C'è una risposta a questo? Non c'è, ma sicuramente non si allontana molto dal misto di rabbia, stupore, accettazione e malinconia con cui la affronta la famiglia Verdi – ma ci riescono rimanendo uniti e, soprattutto, nel modo in cui noi tutti vorremmo concludere i nostri giorni: con una festa.

Un sol radiant è una produzione di Atiende Films con la collaborazione di IB3 Televisió.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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