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VISIONS DU RÉEL 2023

Recensione: The Wonder Way

di 

- Nel suo ultimo lungometraggio Emmanuelle Antille ci propone di seguirla in un viaggio immaginario ricco di metamorfosi

Recensione: The Wonder Way

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, documentario musicale che mette in scena la vita e le peripezie della musicista folk statunitense Karen Dalton, l’artista e cineaste svizzera Emmanuelle Antille ritorna a Visions du réel dove presenta, nella Competizione nazionale, il suo ultimo lungometraggio The Wonder Way. Come nel caso del suo film precedente, Antille ci propone di seguirla nuovamente attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di personaggi sorprendenti e misteriosi, spesso dimenticati, che indagano la realtà al di là del tangibile, alla ricerca della loro verità.

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Partendo dal giardino di sua nonna, primo luogo nel quale Antille ha potuto dare libero sfogo alla sua fantasia, fino all’immensità del cosmo, passando per la California e il deserto del Mojave, The Wonder Way ci permette di evadere con la mente sperimentando realtà altre che non credevamo esistessero. Sebbene I territori insoliti nei quali la regista losannese ci trasporta siano reali, grazie alla settima arte si trasformano in luoghi immaginari nei quali sperimentare realtà al di là del sensibile. The Wonder Way è al contempo un’esplorazione interiore e un omaggio a quanti e quante hanno deciso di abbandonare l’illusoria sicurezza del reale alla ricerca della propria identità profonda, di un modo alternativo di sperimentare il reale.

È possibile creare un mondo basato su valori che si scostano dalla norma? Si può sognare una vita al di fuori delle convenzioni, in connessione con la natura e il cosmo? Con il suo ultimo film, Emmanuelle Antille ci spinge a credere nelle utopie, a riconoscerci e specchiarci in personaggi che della marginalità hanno fatto il loro credo. Che si tratti di artisti e artiste più conosciuti quali Jill O’Bryan, il cui rapporto con la terra e la natura influenza tutte le sue opere, di Charles Ross, uno dei capisaldi della land art, o di personaggi più di nicchia quali l’artista plastico e scultore afroamericano Noah S. Purifoy o Leonard Knight, creatore della stravolgente Salvation Mountain, Antille non indietreggia di fronte a nulla alla ricerca di una verità iscritta nel gesto artistico. Poco importa la fama raggiunta o il riconoscimento pubblico, quello che conta veramente è la volontà di indagare il reale al di là delle convenzioni, di trovare nell’arte un mezzo per combattere l’apatia e il conformismo.

In un’ottica vicina a quella dell’outside art, Antille ci propone di considerare il processo artistico oltre le convenzioni del mercato dell’arte, alla ricerca di una spinta creativa e creatrice che nasce nel profondo. L’arte diventa allora strumento di (ri)scoperta di sé e dell’altro, del proprio mondo interiore ma anche della verità che si nasconde nelle viscere della terra. Interessante e pertinente in questo senso il parallelo che la regista propone con pratiche mistiche che inducono stati vicini alla trance. Incredibilmente potente la scena nella quale il pastore di una piccola chiesa nel deserto induce i credenti a seguirlo in un rituale ancestrale che comprende l’addomesticamento di serpenti velenosi. In preda a uno stato delirante indotto dalla voce del pastore e dalla musica rock dal sapore punk dei musicisti presenti, alcune donne della comunità si mettono a ballare avvicinano pericolosamente al loro volto la fiamma di una candela. Nulla attorno a loro sembra contare tanto il rituale mistico al quale partecipano sembra aver sublimato persino il dolore.

Il potere della mente, la scoperta di un rapporto con la natura e il sensibile che si scosta dalla norma, più intimo e catartico, guida tutto il film marcandone a fuoco ogni fotogramma. The Wonder Way è un film potente e struggente che si avvale dell’arte come strumento di conoscenza.

The Wonder Way è prodotto da Intermezzo Films, Rubis Film, in coproduzione con la RTS (Radio Télévision Suisse).

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