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VISIONS DU RÉEL 2023

Recensione: Fauna

di 

- Il secondo lungometraggio di Pau Faus ci catapulta in un mondo nel quale gli esseri umani tentano di sopravvivere come possono a crisi personali e globali

Recensione: Fauna

Nato e cresciuto a Barcellona, l’artista, cineasta, architetto e attivista Pau Faus si è fatto conoscere da pubblico e critica grazie al mediometraggio Sí se puede. Seven Days at PAH Barcelona e al suo primo lungometraggio Alcaldessa (Ada for Mayor), laureato del Gaudí Award per il miglior documentario. Sette anni dopo, il suo ultimo poetico lungometraggio Fauna [+leggi anche:
intervista: Pau Faus e Sergi Cameron
scheda film
]
è presentato in prima mondiale a Visions du Réel nella Competizione Internazionale.

Incentrato sul lavoro ancestrale di un pastore che vorrebbe salvare la propria professione e su di un centro di ricerca medica basato sulla sperimentazione animale che sembra tagliato fuori dal mondo, come una nave fantasma, Fauna ci fa riflettere sull’antropocentrismo che impregna tutta la nostra società. Attraverso il suo sguardo visionario e multi sfaccettato, Pau Faus ci propone di seguirlo negli anfratti di un’umanità che, a causa della pandemia di Covid, ma non solo, sembra aver perso la fede nel proprio potere dominante.

Privati di molte risorse essenziali, in preda all’incertezza e ad una paranoia tenuta difficilmente sotto controllo, i protagonisti di Fauna cercano risposte a domande più grandi di loro. Strutturato come un sognante racconto pastorale, il film sfida l’antropocene confrontandolo con le proprie fragilità, con un reale che non riesce più a controllare. La natura sembra ribellarsi contro l’iper controllo dell’umano in una sorta di rivoluzione silenziosa che avanza con inquietante determinazione.

Sono due i mondi che si fronteggiano nel film: uno ancestrale basato su di un rapporto fusionale con la natura e l’altro iper igienizzato e strutturato, nel quale la natura si può osservare solo attraverso la finestra. Mentre il pastore, affetto da una dolorosa malattia articolare, assiste impotente al declino della sua professione, gli scienziati si proiettano verso il futuro impegnandosi nella ricerca di un vaccino contro il Covid. Fauna ci trasporta in un mondo al contempo antico e fantascientifico, un mondo per certi versi paradossale nel quale le specie faticano spesso a comunicare.

Particolarmente significativo di questo rapporto inaspettato tra tradizione e modernità è la scena inziale nella quale una capretta cade in un piccolo fossato dal quale non riesce a uscire. Attorniata dalla natura, in un habitat famigliare, la capretta si sente comunque prigioniera, incapace di far fronte ad un pericolo che non aveva considerato. La scena è messa in parallelo con il quotidiano del laboratorio medico nel quale si susseguono altri rituali, non più ancestrali ma scientifici: indossare le tute di protezione integrale, pesare i componenti chimici o fare entrare le cavie nelle loro celle. Gli animali sono utilizzati qui come strumenti di conoscenza scientifica, passaggio obbligato dalla teoria alla pratica.

Avvalendosi di inquadrature precise, quasi pittoriche o architettoniche, così come di un montaggio deliziosamente allusivo, Fauna unisce mondi che normalmente non comunicano tra loro. Le specie sembrano per un istante entrare in collisione provocando un’esplosione dalla quale nessuno uscirà indenne.

Fauna è prodotto da Nanouk Films con la partecipazione della Televisió de Catalunya e venduto all’internazionale dalla londinese Taskovski Films.

(Tradotto dallo spagnolo)

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