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VISIONS DU RÉEL 2023

Recensione: Knit’s Island

di 

- Ekiem Barbier, Guilhem Causse et Quentin L’helgoualc’h ci trasportano in un mondo nel quale realtà e metaverso lottano per mantenere un equilibrio precario costantemente minacciato

Recensione: Knit’s Island

Vincitore del premio Burning Lights a Visions du Réel, dove è stato presentato in prima mondiale, Knit’s Island [+leggi anche:
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scheda film
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del trio di registi francesi formato da Ekiem Barbier, Guilhem Causse et Quentin L’helgoualc’h si impone come un’opera audace ed esteticamente potente che ci fa riflettere sul concetto di “realtà”. Girato esclusivamente nel mondo della RV, in un universo fantastico che molti nemmeno conoscono, Knit’s Island riesce a far dialogare abilmente realtà e finzione, concretezza del quotidiano e virtualità del metaverso.

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Sorta di prolungamento dell’esperienza cominciata con il loro mediometraggio Marlow Drive, creato a partire da immagini estratte dal videogioco GTA V, l’ultima fatica di Français Ekiem Barbier, Guilhem Causse et Quentin L’helgoualc’h è al contempo affascinante ed inquietante, eterea e pericolosamente reale.

In un luogo sperduto tra le contrade virtuali di internet, esistono personaggi misteriosi che lottano per la loro sopravvivenza. I registi, o meglio i loro avatar, hanno deciso di passare 963 ore in quest’universo parallelo interrogando quanti e quante hanno scelto proprio questo mondo virtuale come rifugio, sorta di panic room nella quale proteggersi da un reale a volte troppo intenso o soffocante. I giocatori e le giocatrici del videogioco DayZ svelano ai tre documentaristi francesi le loro paure, le loro speranze o i loro fantasmi in un andirivieni a volte sconcertante tra realtà e metaverso.

Il dispositivo messo in atto da Ekiem Barbier, Guilhem Causse et Quentin L’helgoualc’h mischia in modo esplosivo cinema e videogiochi, realtà virtuale e quotidianità dei gamers che si insinua, a tratti, in modo inaspettato nella narrazione. A questo proposito, sorprendente e magnificamente destabilizzante la scena nella quale si sente in sottofondo il pianto del figlio di una delle giocatrici che decide di abbandonare il gioco per tranquillizzarlo. Lo sguardo del suo avatar, ormai privo di “vita”, sembra vagare nel nulla come una bambola priva di volontà propria.

Senza forzature narrative o stratagemmi cinematografici, i tre registi francesi si lasciano guidare dagli incontri, costruiscono la loro storia a partire dai racconti e dalle testimonianze degli altri avatar. Che si tratti di personaggi dalle tendenze cannibali, armati fino ai denti, di un reverendo (Reverend Stone) che vuole dare conforto alle anime perse o ancora di un gruppo di ravers che trascendono con la musica la paura di essere annientati, Knit’s Island ci confronta con personaggi al contempo spaventosi e toccanti, repulsivi e affascinanti. Come detto da uno dei gamer, proprio come in un pub di quartiere, anche nella RV ci sono persone che sia mano e altre che si detestano ma questo fa parte del gioco. Molto più che una critica superficiale nei confronti di gamers dipendenti dalla violenza gratuita, Knit’s Island affronta con intelligenza temi legati alla frontiera tra realtà e RV. Luogo di finzione nel quale perdersi ma anche scappatoia e spazio di libertà dove sperimentare emozioni estreme, la RV fa parte integrante della realtà con la R maiuscola. Knit’s Island è un’esperienza umana e sociologica che ci fa provare un sentimento di comunità che va oltre il reale, così come lo conosciamo. "Sono solo Frank", confessa Reverend Stone alla fine del film ricordandoci che in fondo indossiamo tutti una maschera. Sta a noi scegliere quale.

Knit’s Island è prodotto dalla francese Les Films Invisibles.

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