email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CANNES 2023 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: Agra

di 

- CANNES 2023: L'indiano Kanu Behl si addentra nel caos angoscioso di una famiglia indiana per affrontare il tema delle conseguenze della frustrazione

Recensione: Agra

Allacciate le cinture, e si astengano le anime sensibili! La città indiana di Agra [+leggi anche:
intervista: Kanu Behl
scheda film
]
, che dà il titolo al nuovo film di Kanu Behl presentato alla 55ma Quinzaine des Cinéastes del Festival di Cannes, è famosa in tutto il mondo per il Taj Mahal, ma è anche nota a livello locale per ospitare il più grande ospedale psichiatrico del paese. È in un vero e proprio incubo umano, familiare e urbano che il regista spinge lo spettatore con il suo secondo lungometraggio dopo Titli (selezionato a Un Certain Regard nel 2014). Un film duro e audace che non lascerà nessuno indifferente e che solo un cineasta dal talento formale come Kanu Behl poteva portare a compimento al di là della sua oscurità ambientale.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

"La terrazza è mia! La prenderò a qualunque costo". A 24 anni, Guru (Mohit Agarwal) è in piena crisi, come un animale in gabbia. Non ha mai avuto una ragazza e non riesce a trovarne una, proiettando le sue fantasie sia di giorno che di notte in uno stato di frustrazione sessuale così intenso che è sul punto di esplodere, il che non aiuta molto il suo rapporto conflittuale con le persone più vicine. Va detto che il nucleo familiare è in subbuglio, con il padre (Rahul Roy) che vive al piano superiore con la seconda moglie (Sonal Jha) e la madre (Vibha Chibber) che, piena d'odio per essere stata lasciata, condivide il piano terra con Guru. Quanto alla famosa terrazza, è ambita anche dalla cugina Chhavi (Aanchal Goswami), che vuole aprirvi uno studio dentistico. Litigi omerici e violenti, minacce di suicidio (con detersivo e benzina), allucinazioni di Guru, una terribile lite con un medico, aggressione sessuale: il caos è totale finché il giovane non incontra finalmente una donna (Priyanka Bose), una vedova con il piede equino, e si stabilisce un nuovo accordo in famiglia: il padre ha ora una terza moglie e vuole ricostruire la casa su cinque livelli per soddisfare tutti. Bugie, manovre, trattative con un agente immobiliare: la famiglia disfunzionale non è ancora al capolinea...

Agra è un ritratto pungente di una micro-società indiana aggressiva, squilibrata dalla frustrazione sessuale e dalla mancanza di spazio, dal potere patriarcale che blocca le speranze dei giovani e dalla cultura della complicazione quando è in gioco il denaro, il tutto in una cacofonia di rumori urbani. Non esitando ad affidarsi a un personaggio principale quasi ripugnante nella prima parte della trama, il regista cambia poi registro per allargare l'attenzione alla ricerca ossessiva di territori individuali di esistenza personale all'interno di una ritrovata solidarietà familiare ("se non lottiamo insieme finiremo per strada", "in una città così grande non si può vivere da soli"). Due sfaccettature dell'eccesso messe in scena con indiscutibile maestria, ma che rischiano di offendere alcuni per la scatenata crudezza iniziale e altri per la nebulosità della sottotrama. Ma nessuno può dire che Kanu Behl sia un regista qualunque.

Prodotto dagli indiani di Saregama India e coprodotto dai francesi di UFO Production, Agra è venduto nel mondo da Pascale Ramonda.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy