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BIOGRAFILM 2023

Recensione: The Store

di 

- Il film della svedese Ami-Ro Sköld è un dramma sulla politica del lavoro, welfare ed integrazione, reso particolarmente inquietante dall’uso dell’animazione in stop motion

Recensione: The Store
Eliza Sica in The Store

Le elezioni del settembre 2022 hanno rappresentato la svolta più netta nella storia recente della Svezia. I socialdemocratici hanno perso il governo e per la prima volta l’estrema destra di Jimmie Åkesson ha ottenuto un reale potere politico. “Il Paese dove sono cresciuta ormai è solo un ricordo. È stato distrutto da una coalizione formata da conservatori senza spina dorsale e liberali opportunisti e dominata da estremisti di destra. E i socialdemocratici, che hanno ideato e costruito lo stato sociale svedese, non hanno idea di come cambiare questo stato di cose”, ha scritto Karin Pettersson su The New Statesman. La Svezia ha il tasso di omicidi più alto dell’Europa occidentale, risultato delle feroci guerre tra bande di criminali giovanissimi in quei sobborghi e periferie che hanno premiato l’estrema destra.  La Svezia paradiso di apertura e uguaglianza non c’è più. E se qualcuno avesse ancora qualche dubbio sul fallimento a trecentosessanta gradi del “modello svedese” di welfare ed integrazione, dovrebbe vedere The Store di Ami-Ro Sköld, che ha avuto la sua premiere all’IFFR ed è ora in cartellone al Biografilm Festival di Bologna, dopo l’uscita in patria ad aprile.

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The Store non è solo un dramma sulla politica del lavoro ma la rappresentazione del punto più basso della parabola sociale (anticipato nel 2015 da Erik Gandini con il documentario La teoria svedese dell’amore). Il film è ambientato in un supermercato discount di una imprecisata cittadina svedese ironicamente chiamato Smart, in cui è impiegato un gruppo multirazziale di lavoratori immigrati. La regista e sceneggiatrice ha messo in scena la sua esperienza personale di lavoro come store manager attribuendo questo ruolo alla protagonista Eleni, una madre single costretta a tornare al lavoro mentre è ancora in fase di allattamento del suo bambino e a subire insostenibili pressioni da parte del capo (Fredrik Evers) per licenziare i dipendenti meno produttivi e ridurre le ore di lavoro. Eleni è interpretata dalla modella e attrice svedese Eliza Sica, con il viso giusto da angelo-demone e il talento sufficiente per impersonare una giovane donna intrappolata tra fedeltà verso i compagni di lavoro e il bisogno.

Considerato l’approccio naturalistico della regia, il film avrebbe potuto essere un documentario paranoico sui danni delle politiche neoliberiste. Il valore aggiunto è l’animazione a passo uno alternata al live acting, che consente alla regista di spingere al limite l’effetto inquietante, orrorifico, degli effetti dello sfruttamento e della disumanizzazione. Il materiale con cui sono modellati i pupazzi in stop motion è una sorta di plastica cerosa che li rende figure manipolabili, volti spersonalizzati, deformati dallo stress da possibile perdita del lavoro. Oppure zombi famelici, nel caso dei clienti del discount che corrono verso i frigoriferi colmi di polli surgelati a basso costo. In un crescendo di frustrazioni e sogni infranti, la merce stessa emblematicamente marcirà e imploderà come un blob effervescente.

Nelle due ore del film Sköld sviluppa archi narrativi secondari sulle vite di alcuni dei personaggi. Oltre a Eleni, aspramente criticata dalla madre perché trascura il suo bambino, ci sono Eva (Linda Faith), la dipendente più anziana e bersaglio di Eleni, e Jackie (Daysury Valencia), che nasconde la sua gravidanza per mantenere il lavoro. Più sviluppato il personaggio del padre single Aadin (Arbi Alviati), che cerca di prendersi cura delle sue due figlie mentre combatte con le agenzie di riscossione debiti. Aadin inizia una relazione con Zoya (Eleftheria Gerofoka) una donna che saccheggia ogni notte il container del supermercato in cui viene buttato il cibo di scarto, unica fonte di sopravvivenza della comunità di homeless che vivono lungo il fiume inquinato. La regista sottolinea la contrapposizione tra quella tragica lotta di classe tra colleghi e il pauperismo felice di quelli che vivono fuori dal mercato del lavoro e da ogni contesto economico-sociale, dando modo a Sköld di accennare anche al tema ambientale. Le interpretazioni del cast appaiono drammaticamente naturali ed emotivamente coinvolgenti, alquanto ansiogene. Tuttavia Sköld lancia alla fine del film un debole segnale di ottimismo, affidato alle giovani generazioni.

The Store è una coproduzione Svezia-Italia di Onoma Productions, Indyca, Film i Väst, GötaFilm, con la norvegese Fidalgo Film Production. Fandango si occupa delle vendite internazionali.

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