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KARLOVY VARY 2023 Proxima

Recensione: In Camera

di 

- Il debutto nel lungometraggio di Naqqash Khalid è una proposta formalmente e strutturalmente audace che riecheggia perfettamente il caos e l'assurdità della Gran Bretagna dei giorni nostri

Recensione: In Camera
Nabhaan Rizwan in In Camera

Con il suo primo lungometraggio, In Camera [+leggi anche:
intervista: Naqqash Khalid
scheda film
]
, presentato in anteprima al Festival di Karlovy Vary di quest'anno, il regista di Manchester Naqqash Khalid riconosce che una storia o una struttura convenzionale potrebbero non rendere giustizia alla realtà assolutamente disarticolata del Regno Unito di oggi. Stili di vita apparentemente standard sono diventati, in modo progressivo e quasi impercettibile, affidati a meccanismi assurdi di sfruttamento e controllo, in cui pochi privilegiati possono permettersi di costruire narrazioni artificiali ma confortanti per le loro vite solo grazie alla sofferenza di chi non ha, sia nel Regno Unito che all'estero.

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In entrambi i casi, queste povere anime sono praticamente invisibili, ed è così che viene trattato Aden (l'eccellente Nabhaan Rizwan). Un film più ovvio lo vedrebbe impegnato in un lavoro di servizio, ma Khalid osa spingersi in un ambito astratto ed esistenziale facendo di Aden un attore. Questo gli permette di affrontare questioni profonde sull'identità e l'autostima nel contesto del gioco di ruolo, ma anche del capitalismo disumanizzante. Sebbene persista la percezione che la recitazione sia una professione affascinante, il film ne mostra il lato più oscuro e prevalente, con audizioni impersonali, paghe misere e "ruoli" poco stimolanti, se così si può definire recitare in una pubblicità di dentifricio.

Per Aden, anche il razzismo occasionale fa parte di questa esperienza. Una delle immagini ricorrenti più impressionanti del film lo mostra mentre entra in una sala d'attesa piena di giovani uomini neri come lui, tutti vestiti esattamente allo stesso modo e tutti impegnati a ottenere uno dei pochi posti disponibili. Queste scene hanno un che di surreale, ma, come praticamente tutto il resto del film, non sembrano poi così implausibili a pensarci bene. La limitata varietà di ruoli disponibili per le persone di colore fa emergere ancora di più gli assurdi cliché che ancora affliggono gran parte del cinema e della televisione, e il loro completo scollamento dalla realtà. Più volte il film passa con disinvoltura dall'audizione di Aden per un ruolo alla scena vera e propria, con l'attore e il direttore del casting improvvisamente in costume e sul set, con Aden che adotta accenti e modi esagerati che si adattano agli stereotipi dell'azione, ma non a chi è realmente.

Questo è solo un esempio del rapporto giocoso del film con la struttura e il realismo, anche se Khalid non infrange le regole solo per il gusto di farlo; piuttosto, le sue digressioni sono al servizio di una storia di intensa spersonalizzazione. I sentimenti di Aden nei confronti della propria vita rimangono a lungo un mistero – sebbene l'espressione vuota di Rizwan suggerisca una profonda infelicità, Aden non crolla né abbandona. L'intenso disagio di Aden nella vita reale è inquietante, ma si presta anche a esilaranti momenti di umorismo cupo e assurdo.

Il suo comportamento robotico, simile a quello di Patrick Bateman, viene messo in risalto dall'arrivo di un amico del suo coinquilino che si ferma nel loro appartamento per qualche giorno. Amir El-Masry è affascinante nel ruolo della persona più convenzionale del film, ma anche la più artificiale, uno stilista di moda che ordina cibo così spesso da sembrare più una scelta di vita – un modo per segnalare qualcosa – che una scelta meramente pratica. È tutto ciò che Aden non è, soprattutto nel suo rapporto con l'altro coinquilino, anch'egli tormentato da strane visioni, affascinanti sia che si colga appieno la loro molteplicità di significati, quasi kubrickiana, sia che le si apprezzi semplicemente come un'altra manifestazione delle idee del film sul consumismo, la mercificazione degli esseri umani e il dolore psichico che entrambi creano. Divertente e stimolante, ironico e sincero, In Camera è anche stranamente perverso; come Aden è camaleontico. E come Aden – e voi, e me – è una costruzione fondamentalmente sfuggente e scivolosa.

In Camera è prodotto dalle britanniche Prettybird Ltd e Public Dreams Ltd. Le vendite internazionali sono guidate da Together Films

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(Tradotto dall'inglese)

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