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KARLOVY VARY 2023 Proxima

Recensione: Maman déchire

di 

- Émilie Brisavoine torna indietro nel tempo per svelare un doloroso karma familiare in un documentario avvincente realizzato con una passione e un'inventiva degne di lode

Recensione: Maman déchire

"Perché abbiamo dovuto affrontare tutto questo? Che cosa ti ho fatto, a parte essere tua figlia?". Dopo Pauline s’arrache [+leggi anche:
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(scoperto nella selezione ACID di Cannes 2015), è di nuovo nel crogiolo della famiglia che la cineasta francese Émilie Brisavoine si immerge con il suo secondo lungometraggio documentario, l'avvincente e struggente Maman déchire [+leggi anche:
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, presentato nel Concorso Proxima del 57° Festival di Karlovy Vary.

"Parla sempre di fantasmi e di morti che comunicano con lei". La madre di Émilie e del fratello minore Florian (ora adulti e genitori a loro volta) è un personaggio molto singolare, amante dei medium e spettacolarmente incline a sfoghi verbalmente aggressivi e senza filtri, che potrebbero quasi essere divertenti se non nascondessero le gravi fratture che hanno attraversato la giovinezza dei suoi due figli, che ancora oggi ne portano le cicatrici psicologiche. Nel tentativo di guarire e liberarsi dal peso del passato, dalle paure interiorizzate e dalla rabbia che la attanagliano, dai ricordi che non riesce ad allontanare o ad affrontare apertamente, Émilie decide di fare piazza pulita della sua infanzia "per raggiungere un luogo in cui la materia, lo spazio e il tempo sono compressi e compattati in un punto infinitamente piccolo". I suoi strumenti? I suoi diari dell'epoca, le foto, alcuni video di famiglia dei primi anni '90, gli scambi via Skype con il fratello (che soffre di un'enorme ansia) e gli incontri con la madre, diventata improvvisamente una nonna "gentile", distante dalla donna divorziata, violenta e problematica che era prima e che Émilie e Florian vedevano solo durante le vacanze.

Questa indagine selvaggiamente terapeutica sugli incubi infantili e sull'acuto braccio di ferro emotivo tra la paura, l'angoscia, il desiderio di capire, l'odio trattenuto e il perdono, così difficile da concedere, è portata avanti dalla regista mettendo ovviamente in campo i propri sentimenti, ma soprattutto con una notevole creatività e padronanza narrativa, ben supportata dall'ottimo montaggio di Karen Benainous. Intervallata da sequenze didattiche di astrofisica (sulla collisione delle galassie, sui buchi neri, ecc.) che risuonano perfettamente con il vortice elettromagnetico che è l'anamnesi della famiglia, la storia si mantiene in equilibrio tra umorismo (nero) e dramma, sondando e scavando la memoria di un'infanzia devastata alla guida di una vita adulta. È un'indagine ultra-personale che porta gradualmente alla luce tutti i traumi dell'infanzia della regista e di suo fratello, così come quelli della loro madre, una donna estremamente sensibile e totalmente scossa dalla violenza del mondo ordinario. Dipanando il filo dei legami tossici tramandati di generazione in generazione, Émilie Brisavoine non solo dimostra il potere purificatore dell'arteterapia, ma produce anche un documentario di altissima qualità, originale, affascinante e commovente.

Prodotto da bathysphere, Maman déchire è venduto nel mondo da Best Friend Forever.

(Tradotto dal francese)

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