Recensione: The Permanent Picture
di Júlia Olmo
- Laura Ferrés presenta un film originale e libero, a metà tra commedia dark e dramma costumbrista

In una delle prime sequenze di The Permanent Picture [+leggi anche:
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intervista: Laura Ferrés
scheda film], l’opera prima di Laura Ferrés, due ragazze parlano del fatto che non hanno mai visto il mare. "Penso che debba trasmettere pace e paura", dice una di loro. "Paura?", chiede l'amica. Al che l'altra risponde: "Sì, perché non puoi vedere cosa c'è in fondo". Questo scambio, che passa quasi inosservato, rivela l'essenza del film, il mistero che è in tutti noi, perché, come conclude l'amica, quel fondo che non si vede non riguarda solo il mare.
Il film, scritto in collaborazione con Carlos Vermut e Ulises Porra e presentato in concorso al Festival di Locarno, racconta la storia di due donne che finiscono per incontrarsi. Carmen, che vive nella periferia di Barcellona, lavora come direttrice di casting in un'agenzia pubblicitaria e deve trovare una persona "normale" per una campagna politica. Durante questa ricerca, incontra Antonia, una venditrice ambulante con cui finisce per instaurare un rapporto singolare in cui si scopre che condividono molto più di quanto sembri. A partire da questa trama, il film parla apertamente e suggestivamente del lato oscuro di tutti noi, di ciò che i volti dicono e non dicono delle persone, dell'impossibilità di conoscere l'altro, della stranezza dei legami che creiamo e perdiamo nel corso della vita, del desiderio di amare e di essere amati, del peso del passato sul presente, della solitudine, delle immagini che restano con noi.
Le questioni sollevate dal film sono interessanti, ma ciò che lo rende un film diverso è il modo in cui lo fa. La storia è raccontata in modo velato, come un puzzle, in modo che lo spettatore possa mettere insieme i pezzi e riempire gli spazi che la regista non ha voluto completare. Attraverso il potere simbolico delle immagini, si fa riferimento alle idee di solitudine, estraneità, oscurità, mistero, lo straordinario nell'ordinario. Un karaoke dove dimenticare chi siamo, due barche che si incrociano per non incontrarsi mai più, una stanza vuota che un tempo era abitata, due donne che fanno il bagno in mare, volti di persone che non sono mai esistite, un volto fantasma in una foto, due immagini che si sovrappongono; oggetti, luoghi e istantanee di vita che evocano in forma libera queste idee.
Il tutto è raccontato con fantasia, suggestione e un umorismo particolare, tagliente, nero e asciutto. Anche se a volte può sembrare che ci sia una ricerca troppo forzata dell’effetto straniante, questa ricerca è coerente con lo sfondo della storia, con la confusione prodotta dal contrasto tra il peso e l'assurdità dell'ordinario. María Luengo e Rosario Ortega (le attrici esordienti protagoniste del film) danno verità al tono che il film cerca, tra il cupo, il divertente e il tenero, e all'umanità dei suoi personaggi.
The Permanent Picture è un film con personalità, di una strana bellezza, diverso da altri film di perdita e ricongiungimento già visti mille volte. Il suo pregio maggiore sta nell'originalità e nella libertà con cui Ferrés osa raccontare la sua storia d'amore e di solitudine.
The Permanent Picture è una produzione delle compagnie spagnole Fasten Films e Materia Cinema con la francese Le Bureau, con il sostegno di TV3; il film è venduto nel mondo da Be for Films e distribuito in Spagna da La Aventura.
(Tradotto dallo spagnolo)
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