Recensione: The Royal Hotel
di Júlia Olmo
- Kitty Green presenta un potente thriller di genere sull'alleanza di due donne di fronte alla paura e alla minaccia costante

Due amiche nordamericane stanno attraversando l'Australia con lo zaino in spalla. Finiti i soldi, accettano un lavoro temporaneo in un bar di una remota città mineraria dell'outback chiamata "The Royal Hotel". Le cose iniziano ben presto a mettersi male. Questa sono i presupposti di The Royal Hotel [+leggi anche:
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scheda film] , il nuovo film di Kitty Green con Julia Garner (con cui fa di nuovo coppia) e Jessica Henwick, che la regista ha co-sceneggiato con Oscar Redding. Dopo essere stato presentato a Telluride e Toronto, è ora in gara per la Conchiglia d'Oro al 71mo Festival di San Sebastian.
Dopo The Assistant, la Green torna su temi come l'impossibilità di sfuggire allo sguardo maschile, la sessualizzazione delle donne, le molestie, il consenso, l'abuso di potere, la violenza e la paura, ma questa volta fa un passo avanti e lo fa in uno spazio diverso. La regista toglie questi temi dai contesti a cui siamo più abituati e li colloca in uno spazio più sconcertante, più giocoso, uno spazio isolato e apparentemente senza legge: lo squallido pub che dà il nome al film. Partendo da qui la regista costruisce un thriller, trasformandolo gradualmente in un film di genere, un revenge movie sull'amicizia di due donne sole di fronte al pericolo e alla paura. Questo è uno degli aspetti più stimolanti del film perché, attraverso il lavoro con lo spazio, ci porta in un film di genere, si, ma su temi davvero terrificanti e riesce a disturbarci e a sollevare domande interessanti (e forse posizioni opposte, e anche questo è interessante).
Questa costruzione di una atmosfera minacciosa è anche uno degli aspetti più potenti del film. Green pone in modo intelligente e fantasioso la dicotomia e la somiglianza tra i due spazi in cui si svolge l'azione: da una parte il bar decadente e ostile, pieno di terrori latenti o più espliciti, in cui le due protagoniste si trovano intrappolate, e dall'altra l'esterno, con la possibilità apparente di libertà, ma la cui immensità le racchiude in mezzo al nulla, e in cui non possono nemmeno sentirsi al sicuro. Interessante è anche il modo in cui viene affrontato il tema del pericolo costante a cui le donne sono esposte (sia all'interno che all'esterno), e da lì la narrazione del rapporto tra le due protagoniste, due donne che fin dall'inizio vorrebbero essere altrove, l'amicizia di due ragazze la cui paura le unisce ancora di più (nonostante gli scontri) e che si alleano di fronte a tanta ostilità.
Un altro dei grandi punti di forza del film risiede nella potente gestione della tensione della storia, che crea situazioni inquietanti e disturbanti, e anche nella capacità di creare immagini di grande forza visiva, soprattutto quelle in cui riprende il suggestivo e misterioso volto della Garner (anch'essa poderosa nella sua interpretazione accanto alla Henwick). È un peccato, quindi, che la mancanza di finezza di Green nell'approccio ad alcune situazioni o un messaggio femminista piuttosto semplice facciano a volte impallidire tutta questa forza.
Nonostante le sue piccole debolezze, The Royal Hotel è un film molto potente, capace di proporre interessanti spunti di dibattito, un film vigoroso di intrigo e terrore sull'oppressione e la liberazione di due donne, sulla loro alleanza di fronte alla paura e alla minaccia costante, e che merita il suo posto tra il cinema di genere degli ultimi anni.
The Royal Hotel è una coproduzione tra Australia e Regno Unito di Scarlett Pictures e See-Saw Films.
(Tradotto dallo spagnolo)
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