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FILM / RECENSIONI Italia

Recensione: Life Is a Game

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- Il documentario di Luca Quagliato e Laura Carrer sui rider di food delivery in Europa è un piccolo saggio sulle nuove forme di economia, di interazione sociale, di (non) inclusione

Recensione: Life Is a Game

“Nessuno si rende conto di noi. Siamo invisibili”. Ci sfrecciano accanto con le loro bici, ci portano da mangiare e noi a malapena li ringraziamo, vanno sui giornali solo quando vengono schiacciati da un tram o fanno causa all’azienda. Eppure ai rider è stata riconosciuta da parte di tutti una funzione essenziale durante la pandemia. Un ruolo nella società. “Ma che ruolo, se non quello di economizzare il tempo di chi ha i soldi?” si domanda scoraggiato uno degi intervistati nel documentario Life Is a Game di Luca Quagliato e Laura Carrer, in concorso al Job Film Days di Torino.  In realtà quello del fattorino – attività globale nata con il terzo millennio e sfruttata dalle multinazionali a livello globale e sulla quale si stanno esprimendo da anni esperti della gig economy, sociologi, sindacalisti – non è un gioco. Forse è un videogioco, con le sue regole, come suggerito dai registi, i quali hanno inserito nel doc un cortometraggio d’animazione creato da Marco Meloni, protagonista una rider futuribile di nome Emma, che punteggia le interviste: 13 rider da 3 continenti che raccontano la loro condizione di lavoratori per le piattaforme del food delivery.

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Li nominiamo tutti, per comprendere meglio la geografia del doc: Marco e Giuseppe, italiani, intervistati a Milano; Camille e Jean Bernard, francesi, intervistati a Bruxelles; Luisa, colombiana, intervistata a Barcelona; Nicolò, italiano, a Berlino; Samson, nigeriano, a Seregno (Italia); Christos, Erini, Yorgos, Adonis, greci, intervistati ad Atene; Ahmed, siriano, a Berlino; Yolimar, venezuelana, a Barcelona.

Girato rigorosamente di notte, il film di Quagliato (filmmaker e fotografo sensibile alle tematiche ambientali) e Carrer (giornalista freelance esperta di tecnologia e sorveglianza) non concede però nulla alla specificità dei luoghi, che paiono interscambiabili. Solo primissimi piani sui volti dei protagonisti che disegnano la loro personale toponomastica. Le risposte sono per lo più raggruppate per argomenti – l’ambiguità (per usare un eufemismo) di app e algoritmi, il pericolo sulle strade, la socialità mancata, i diritti, la maleducazione dei clienti – e non tutti esprimono le stesse opinioni. C’è chi è più entusiasta del mestiere, magari perché proviene da una comunità di motociclisti il cui romanticismo è stato prontamente sfruttato dalla piattaforma di delivery, o perché ti dà la libertà di non avere capi a cui obbedire in una fabbrica. Chi denuncia lo sfruttamento: “si approfittano del fatto che siamo immigrati e non conosciamo le leggi tedesche, licenziano e non pagano regolarmente”; chi si difende dall’alienazione comportandosi “come un robot, nessuna emozione”. Cahiers de doléances nei quali si intravedono momenti di orgoglio, e molta amarezza e sospetto. I famigerati algoritmi usati dalle piattaforme prendono il controllo, li spiano, li selezionano, li indirizzano, li discriminano se sono neri, bianchi o arabi, donne o uomini, se sono più lenti o più veloci, in un ranking spietato che non prevede scivolate sull’asfalto bagnato dalla pioggia o il furto del tuo scooter in un quartiere “difficile”. Algoritmi che attraverso i rider e le loro consegne raccolgono dati preziosi sui clienti e li profilano selvaggiamente: ecco il fenomeno delle dark kitchen, con le quali l’azienda usa il ristorante ma nello stesso tempo ne diventa concorrente in modo assolutamente sleale.

A proposito dei clienti: qui si apre e si chiude il capitolo sconsolante su dove stia finendo la nostra società, chiusa in casa a comunicare (ordinare cibo) attraverso le app. “Maleducati, razzisti, sessisti”. “E ti aprono in mutande, ma è possibile?”. Insomma Life Is a Game è un piccolo saggio socio-etnografico sulle nuove forme di economia, di interazione sociale, di (non) inclusione e di linguaggio che dovrebbe guardare chi scrive le leggi in Europa e chi si oppone, con le armi spesso spuntate, al potere delle multinazionali.

Life Is a Game è prodotto da Irpi Media con il supporto di European Cultural Foundation, in coproduzione con Enece Film, Hermes Center e Nepente Film.

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