Recensione: Werewolf
- Il secondo lungometraggio di Pau Calpe Rufat adatta un romanzo catalano in un'opera compiuta di trasformazione e resistenza

Adrià (León Martínez) è un adolescente orfano e senza casa: è muto, non sopporta gli spazi chiusi, è sempre curvo e viene spesso bullizzato. Nel momento in cui si posa sulle persone il suo sguardo vago è inquietante, ma si allontana subito. La precarietà sembra seguirlo ovunque vada, e anche i problemi, soprattutto quando c'è la luna piena. Adrià è il protagonista del secondo lungometraggio del produttore e regista Pau Calpe Rufat, Werewolf [+leggi anche:
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scheda film], presentato in anteprima mondiale al Festival di Varsavia, nel Concorso Internazionale. Il film che segue il suo esordio del 2021, A Piece of Land, è un dramma psicologico d'atmosfera che attinge al folklore e alla realtà sociale delle vite emarginat e nomadi della campagna spagnola.
Calpe Rufat e la co-sceneggiatrice Nati Escobar Gutiérrez adattano il romanzo catalano Lobisón di Ginés Sánchez in una storia di licantropi piuttosto contenuta e non convenzionale. La storia di Werewolf non è così diretta come il titolo potrebbe suggerire. Al contrario, il film opta per il realismo e avvolge di mistero la potenziale trasformazione: Adrià ha infatti sete di sangue di galline durante la notte, ma la sua esistenza diaarticolata e il suo fragile senso di sé si scontrano con la figura tradizionale del licantropo che lo spettatore si aspetta. Senza la sottile - e decisamente disturbante - interpretazione di León Martínez, il film avrebbe rischiato la parodia. In realtà, il film cammina sul filo del rasoio tra genere e realismo sociale, ma lo fa incredibilmente bene.
Montato meticolosamente da Ares Botanch e girato da Víctor Entrecanales con nitidezza e sensibilità, Werewolf è un film ossessionante con cui si entra in empatia sia dal punto di vista dello stile registico che nel contenuto narrativo. Ramon (Pol López), fratello maggiore di Adrià, e la sua fidanzata Tona (Maria Rodríguez Soto) vivono in un furgone, spostandosi da un villaggio all'altro, dove lui guadagna con piccoli furti e truffe. Adrià dorme all'aperto su un materasso senza coperte né cuscini, mangiando uno o due muffin al giorno serviti nella stessa ciotola, come se fosse un animale domestico, ancora più del loro cagnolino. Oltre a rappresentare una struttura familiare fluida e antinucleare, c'è una critica alla mascolinità tradionale, rafforzata dalla premessa del romanzo – che rivelata in coraggiosi flashback - in cui il settimo figlio (Adrià) è un lupo mannaro. Racconti popolari, miti e leggi patriarcali si mescolano nella sottotrama del film, che è meglio lasciare che gli spettatori scoprano da soli.
Che si tratti di una metafora di coloro che sono diversi per quel che riguarda i corpi, le identità o le disabilità, oppure di uno sguardo non convenzionale sulle persone ai margini della società che resistono alle strutture normative, Werewolf concede ai suoi personaggi rispetto e dubbio in egual misura. Questa apertura testimonia la sensibilità del regista e accenna persino alla possibilità di trascendere ciò che pensiamo sia "umano", quando si elimina la dicotomia tra natura e nutrimento.
Werewolf è una produzione delle sagnole Galápagos Media, DACSA Produccions SL e TV3.
(Tradotto dall'inglese)
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