Recensione: Sting Like a Bee
- Il primo lungometraggio di LEONE ci trasporta nell’intimità di un gruppo di adolescenti appassionati del motofurgone Ape che cercano il loro posto nel mondo

Regista e fotografo pluripremiato nonché direttore creativo e CEO della casa di produzione e magazine C41, LEONE si è fatto conoscere grazie a diversi cortometraggi e campagne pubblicitarie per brand rinomati prima di firmare il suo primo lungometraggio documentario Sting Like a Bee, presentato nel Concorso italiano del Festival dei Popoli. Audace, seducente ed esteticamente accattivante, il documentario mette in scena un gruppo di giovani delle periferie del centro e Sud Italia che parlano con estrema sincerità del loro quotidiano e del diventare grandi imprigionati in una realtà rassicurante sebbene obbiettivamente limitante.
Nato come progetto di visual research, Sting Like a Bee è un viaggio nel cuore di un’Italia sconosciuta a molti, quella delle zone periferiche, dei villaggi nei quali il tempo sembra essersi fermato. Con il suo primo lungometraggio, LEONE dà voce ad una comunità di adolescenti provenienti proprio da questi stessi paesini, una comunità in apparenza eterogenea accomunata però da passioni travolgenti che diventano ossessione. La più divorante delle quali è quella per l’Ape Piaggio, un’icona del design italiano nel mondo, che trasformano in un rumorosissimo bolide. L’Ape rappresenta per loro una sorta di scappatoia immaginaria da un quotidiano che offre poche valvole di sfogo, eccezione fatta per le giostre e i pomeriggi in spiaggia tra flirt estivi e sogni ad occhi aperti.
In Sting Like a Bee, LEONE mescola abilmente realtà e finzione in un delirio poetico che ricorda le migliori produzioni mumblecore o la ribellione lasciva dell’adolescenza tipica dei film di Larry Clark. Grazie ad uno sguardo iper realista ma intriso di tenerezza, il regista italiano accompagna i suoi protagonisti e le sue protagoniste nella scoperta del mondo che li circonda, un mondo che pensavano di conoscere ma che si trasforma all’adolescenza in terreno di caccia, in un luogo al contempo accogliente e spaventoso nel quale lottare per (ri)trovare sé stessi. Lungo le strade di un’Italia poco rappresentata al cinema, quella delle periferie, questi giovani si ritrovano in branco, assetati di avventure immaginarie. Con la scusa di un casting attorno al quale si struttura tutto il film, i protagonisti di Sting Like a Bee si mettono metaforicamente a nudo davanti alla telecamera regalandoci dei momenti di intimità rubata che toccano nel profondo. Che si tratti di relazioni amorose decisamente impacciate o di tre ruote che sembrano poter competere con i bolidi di Formula 1, nel film tutto è permesso, tutto diventa cool come per magia ricordandoci quanto sia importante sognare, trasformarsi in eroi e in eroine del proprio quotidiano.
Grazie ad un equilibrio perfetto tra tragedia e commedia, realtà cruda e momenti di umorismo dai toni surreali (“cos’è l’AIDS?” chiede il regista ad uno dei protagonisti che risponde “una sigaretta elettronica”), LEONE ci propone di osservare, senza giudicare, momenti di “impollinazione” adolescenziale fra ragazzi appassionati di tuning e sgargianti ragazze-api che cercano di sedurre con i loro bolidi a tre ruote. Con Sting Like a Bee, LEONE dà a questi eroi delle periferie la possibilità di brillare, di mostrare finalmente al mondo che esistono e che possono diventare i protagonisti della propria vita.
Sting Like a Bee è prodotto da C41.
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