Recensione: Gondola
- Il regista tedesco Veit Helmer prosegue il suo viaggio nel cinema muto e poetico con un film creativo, burlesco, ricco di fascino e benevolenza
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C'era una volta un luogo di spettacolare bellezza, in una valle verdeggiante tra le splendide montagne della regione georgiana dell'Adjara, una valle servita da una pittoresca funivia d'epoca che collega i villaggi di Khulo e Tago. C'era una volta anche un regista tedesco, Veit Helmer, appassionato di cinema poetico e muto, che aveva già fatto parlare di sé in questo genere con Tuvalu (nominato nella categoria Discovery dell'European Film Award 2000), Absurdistan [+leggi anche:
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scheda film] (Sundance 2008) e The Bra [+leggi anche:
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intervista: Veit Helmer
scheda film] (2018). L'amore folgorante che il regista ha provato per questo paesaggio ha dato vita a Gondola, una commedia frizzante, romantica, burlesca e molto originale che è stata proiettata nella sezione Scoperte europee del 24mo Arras Film Festival.
A volte nella vita, quando si incrocia qualcuno, uno sguardo può dire molto. È il caso di Nino (Nini Soselia) e Iva (Mathilde Irrmann), ma queste due giovani donne hanno molte più occasioni di rafforzare il loro sentimento (all'inizio come compagne d'avventure che amano divertirsi e sognare, prima di sviluppare un'attrazione sensuale), perché si incrociano continuamente nel loro ruolo di conduttrici di funivia (vestite con uniformi da hostess). Quando una sale, l'altra scende e viceversa, si intravedono durante il tragitto, in mezzo al cielo. Se prendiamo questi incontri fugaci e ripetuti e aggiungiamo uno sfondo di noia (hanno a malapena dei passeggeri, a parte qualche contadino, una signora anziana, un bambino e una bambina, una bara, ecc.), un capo autoritario e geloso (Zviad Papuashvili) e pochissimi abitanti sparsi sotto la funivia in una valle in cui tutti si conoscono, il terreno è fertile per il desiderio di qualcosa di straordinario e il graduale sbocciare di una passione che dipenderà in gran parte dagli ingranaggi del tempo e della funivia.
Ricco di idee poetiche, il film fa un uso meraviglioso del suo spazio limitato (i due vagoni, le stazioni ai due capolinea) e al tempo stesso vasto (l'immensità del cielo e la maestosità dell'arredo naturale) per portare avanti una storia molto semplice, utilizzando molteplici variazioni tenere e comiche della grande tradizione dello slapstick muto. È un gioco in cui il regista eccelle, sfruttando tutti gli oggetti che lo circondano, assicurando un lavoro sonoro di prim'ordine (in particolare le musiche composte da Sóley Stefansdottir e Malcom Arison) e sfruttando il carisma altamente espressivo delle sue due attrici principali. Tutto questo si traduce in un'ode alla libertà (di amare chi si vuole e di fare i film che si vogliono fare) altamente riuscita, leggera, gioiosa e senza tempo, che alla fine piacerà al pubblico di tutte le età.
Prodotto da Veit Helmer Filmproduktion (Germania) e Natura Film (Georgia), con il sostegno, fra gli altri, di Eurimages, Gondola è venduto nel mondo dagli italiani di Coccinelle Film.
(Tradotto dal francese)
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