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GINEVRA 2023

Recensione serie: Les indociles

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- La serie realizzata da Delphine Lehericey ci trasporta nel cuore del Giura, il cantone più ribelle della Svizzera, i cui disobbedienti e idealisti abitanti non hanno paura di nulla

Recensione serie: Les indociles
Fortinì Peluso e Marinel Mittempergher in Les indociles

Presentata in prima mondiale al Geneva International Film Festival (GIFF) prima di essere diffusa, a partire all’otto novembre, sulla RTS e Play Suisse, Les indociles, la serie in cinque episodi creata da Joanne Giger, Camille Rebetez e Delphine Lehericey, si ispira a un omonimo fumetto di Camille Rebetez e Pitch Comment. Sebbene le vicende raccontate siano note all’interno della Svizzera che conosce bene l’animo ribelle del suo cantone più giovane, il vento rivoluzionario che l’ha sempre percorso rischia invece di stupire al di là dei confini nazionali. Capitanata da Lulu (Marinel Mittempergher e Thomas Blanchard), Joe (Arcadi Radeff e Thibaut Evrard) e Chiara (Fortinì Peluso e Maya Sansa), tre amici per la pelle che condividono un profondo bisogno di libertà, la storia raccontata nella serie si sviluppa su quarant’anni (dal 1973 al 2006) fra esaltazione estrema e cadute vertiginose nel vortice della droga. Senza mai rinunciare ai loro ideali malgrado la ristrettezza mentale di molti compaesani, i tre amici creano, all’interno della “fattoria dei disobbedienti” (i famosi “indociles”), un luogo comunitario decisamente all’avanguardia, un’oasi di tolleranza accerchiata da un oceano di obblighi.

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Sebbene la Svizzera, e il Giura più in particolare, non siano conosciuti internazionalmente come epicentri dell’ideologia hippie, anche loro ne sono però stati attraversati. Se certamente vivere la propria vita in tutta libertà, senza sottostare a regole piccolo borghesi soffocanti e sterili, è stato più facile per coloro che hanno avuto la fortuna di trovarsi in capitali quali Parigi o Amsterdam, i protagonisti della serie sono comunque riusciti a far vivere la propria utopia. Ed è proprio questa la loro realtà, più difficile ma forse anche più stimolante che Delphine Lehericey ha deciso di raccontare.

Ciò che la serie racconta, oltre le avventure stesse di Chiara, Lulu e Joe, è l’infrangersi degli ideali hippie che lasciano progressivamente il posto alla disperazione causata dalle droghe dure. Se Chiara non riesce a resistere al richiamo dell’eroina, Lulu decide invece di affrontare la situazione di petto creando, proprio alla fattoria dei disobbedienti, un centro d’accoglienza per i tossicomani. Un approccio incentrato sulla discussione e l’assenza di giudizio rispetto ad una condizione dalla quale è molto difficile uscire, che ricalca il posizionamento che la Svizzera, precursore nella gestione dei problemi di dipendenza, ha sempre avuto.

Precisa nella ricostruzione (decori, costumi, accessori) di un’epoca che sembra materializzarsi davanti ai nostri occhi, la serie riesce nell’impresa di rendere universale e comprensibile per tutti una vicenda locale conosciuta principalmente in Svizzera. Le inquietudini giovanili, il bisogno di libertà e la forza rivoluzionaria degli anni Settanta, o ancora la nascita di famiglie “alternative” che sfidano il nucleo (etero)patriarcale ancora oggi dominante, sono infatti problematiche che toccano ben al di là dei confini rossocrociati.

Les indociles è sicuramente una sfida, ma una sfida che vale la pena di accettare per liberare la parola su tematiche scottanti quali le dipendenze ma anche il bisogno di rompere con schemi predefiniti che annientano più che rassicurare. Con un senso dell’umorismo tutto svizzero, la serie riesce a far riflettere senza mai trasformarsi in un barboso trattato.

Les indociles è prodotto dalla ginevrina Box Productions insieme alla belga Entre Chien et Loup e la RTS Radio Télévision Suisse. La parigina Oble si occupa delle vendite all’internazionale.

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