Recensione: Misericordia
- Con il suo terzo lungometraggio, che ritrae una realtà crudissima, intrisa di povertà, ignoranza e violenza sulle donne, Emma Dante conferma tutta la sua forza espressiva

La madre di Arturo era bella e giovane, è stata riempita di botte quando suo figlio era ancora nella pancia ed è morta poco dopo averlo messo al mondo. È un incipit scioccante quello di Misericordia [+leggi anche:
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intervista: Emma Dante
scheda film], il nuovo lavoro per il cinema di Emma Dante: un brutale femminicidio dà il La a tutto il degrado e la miseria umana a cui andremo ad assistere nei successivi 90 minuti. Dopo l’esordio nel 2013 con Via Castellana Bandiera [+leggi anche:
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scheda film] (Coppa Volpi a Venezia per la protagonista Elena Cotta) e il ritorno sul grande schermo nel 2020 con Le sorelle Macaluso [+leggi anche:
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scheda film] (Premio Pasinetti e Premio Lizzani, sempre alla Mostra di Venezia, e 5 Nastri d’Argento), la stimata regista di teatro e drammaturga palermitana ha presentato in anteprima internazionale in concorso al Festival Black Nights di Tallinn – dopo la sua anteprima mondiale a Roma, alla 18ma Festa del Cinema nella sezione Special Screening – il suo terzo film, tratto dalla sua omonima pièce teatrale e sceneggiato con l’aiuto di Elena Stancanelli e Giorgio Vasta. Un racconto sanguigno, viscerale di una realtà crudissima, intrisa di povertà e ignoranza, dove le donne sono sfruttate e violentate, in tutte le accezioni possibili. E dove Arturo, mentalmente menomato dalla nascita e rimasto puro come un bambino, rappresenta l’unica speranza.
“Lo riempirei di pugni e di baci” è la battuta che sintetizza l’amore/odio che questo giovane sfortunato – che oggi ha 18 anni, non parla e non sta fermo un attimo – suscita in chi lo accudisce. Siamo in Sicilia, in un piccolo borgo marinaro composto da baracche e casupole scrostate, in mezzo a rottami e rifiuti, e sovrastato da una montagna maestosa da cui ogni tanto precipita qualche roccia. Rimasto orfano, Arturo (Simone Zambelli, professione ballerino, protagonista anche in teatro) oggi ha due madri, Betta (Simona Malato) e Nuccia (Tiziana Cuticchio), due prostitute agli ordini del disgustoso Polifemo (Fabrizio Ferracane) che, fra carezze e insofferenza, si prendono cura del ragazzo e litigano violentemente fra di loro per qualsiasi sciocchezza. La giovane Anna (Milena Catalano), una nuova “lavoratrice” per cui gli uomini del posto si mettono a fare la fila, si unisce a questo disgraziato foyer: le madri di Arturo diventano tre. E insieme, lo proteggono dall’inferno che hanno attorno e che lui non riesce a vedere.
Non è un film che ti mette a tuo agio, questo Misericordia. Il malessere è palpabile in ogni scena, sia esso fisico o morale: i piedi nel fango, l’acqua dentro casa, i corpi deformati dall’età, i volti truci degli uomini, lo squallore dei rapporti umani. Ma la forza espressiva di questa autrice così poco accomodante, che non teme di mostrare realtà sgradevoli, violenze, abusi su donne e persone fragili, raggiunge il suo culmine quando quella sgradevolezza trascolora nella possibilità di un futuro diverso, di salvezza, anche per chi sembrerebbe definitivamente spacciato. Complici le belle note di una celebre canzone di Claudio Baglioni dedicata a suo figlio, questa favola nerissima finisce per esploderti nel cuore. “Misericordia è il sentimento che voglio provare quando vedo un disgraziato, non devo avere pietà di lui ma sentire di condividere quella disgrazia”, ha dichiarato la nostra brava Emma Dante. E lo spettatore è invitato a fare lo stesso.
Misericordia è prodotto da Rosamont con Rai Cinema, ed esce nelle sale italiane il 16 novembre con Teodora. Le vendite internazionali sono affidate a Charades.
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