Recensione: Toxicily
- François-Xavier Destros e Alfonso Pinto si uniscono per parlare di una tragedia ecologica ancora troppo sconosciuta e dare voce a quanti non accettano più di morire in silenzio
Se la Sicilia è conosciuta per le sue spiagge da sogno, il suo mare cristallino e le sue immagini da cartolina promosse da Dolce&Gabbana, ben pochi sono al corrente di ciò che ribolle nel suo sottosuolo e che aleggia nella sua aria. L’epicentro dell’”ecocidio”, termine utilizzato dai registi stessi, messo in scena nel film Toxicily [+leggi anche:
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scheda film], del regista François-Xavier Destros e il ricercatore in geografia e culture visuali Alfonso Pinto, proiettato nel Concorso italiano del Festival dei Popoli, è la città di Siracusa o per essere più precisi il territorio di Augusta-Priolo-Melilli-Siracusa. Qui, la Sicilia di cartolina lascia il posto ad una Sicilia tossica che in pochi hanno il coraggio di guardare in faccia tanto il suo volto spaventa.
La causa di questo dramma che i cittadini vivono concretamente sulla loro pelle e che porta con sè malformazioni fetali, tumori e gravi malattie respiratorie è la cupidigia dall’industria petroliera. Dal 1949, la periferia industriale di Augusta ospita infatti uno dei maggiori poli petrolchimici d’Europa composto da gigantesche fabbriche così come da veri e propri villaggi, oggigiorno abbandonati, che ospitavano le numerose “piccole mani” impiegate nel settore. Se, per i dirigenti del settore, le ricchezze accumulate sono stratosferiche, quelle dei numerosi lavoratori che hanno abbandonato le attività agricole per trasformarsi in operai rassegnati ma tutto sommato fieri, si riducono invece a poche briciole. Una situazione tanto più triste se si pensa ai rischi che questi ultimi hanno e continuano a prendere, esposti a sostanze chimiche altamente tossiche e cancerogene. “Meglio morire di cancro che di fame” è una delle frasi che ritorna costantemente nel film, un mantra che molti degli abitanti di queste terre si ripetono come a volersi convincere che il compromesso che hanno accettato è una sorta di fatalità.
Sebbene siano numerosi quelli che vivono questa situazione in modo rassegnato, come agnelli sacrificali destinati a nutrire una globalizzazione sempre più vorace e crudele, esistono però anche quelli che non ci stanno ed è proprio a loro che Toxicily è dedicato. Fra chi accetta e chi resite, il film mette in scena un territorio in bilico fra paradiso e inferno, bellezze naturali mozzafiato e odori chimici nauseabondi in una sorta di dialogo costante fra ciò che si vede e ciò che si sa (anche se si preferirebbe ignorarlo). I racconti drammatici di quanti denunciano una situazione intollerabile, messi in parallelo con le immagini bucoliche di mucche al pascolo e piante di mandorlo che sappiano avvelenate, risuonano tragicamente nella nostra mente e ci spingono a riflettere al costo esorbitante del “progresso”.
Sobrio, preciso e tragicamente poetico, Toxicily va dritto al punto parlando di un’emergenza sanitaria e ambientale che non può più essere ignorata e che continua a mietere vittime nell’indifferenza quasi generale. Paradossale, meravigliosa e allo stesso tempo spaventosa, la Sicilia dipinta dal duo di registi franco-italiano ci spinge a domandarci quale sarà il nostro futuro se non decideremo, finalmente, di aprire gli occhi.
Toxicily è prodotto dalla francese Elda Productions insieme all’italiana Ginko Films. Lightdox si occupa delle vendite all’internazionale.
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