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POPOLI 2023

Recensione: Toxicily

di 

- François-Xavier Destros e Alfonso Pinto si uniscono per parlare di una tragedia ecologica ancora troppo sconosciuta e dare voce a quanti non accettano più di morire in silenzio

Recensione: Toxicily

Se la Sicilia è conosciuta per le sue spiagge da sogno, il suo mare cristallino e le sue immagini da cartolina promosse da Dolce&Gabbana, ben pochi sono al corrente di ciò che ribolle nel suo sottosuolo e che aleggia nella sua aria. L’epicentro dell’”ecocidio”, termine utilizzato dai registi stessi, messo in scena nel film Toxicily [+leggi anche:
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, del regista François-Xavier Destros e il ricercatore in geografia e culture visuali Alfonso Pinto, proiettato nel Concorso italiano del Festival dei Popoli, è la città di Siracusa o per essere più precisi il territorio di Augusta-Priolo-Melilli-Siracusa. Qui, la Sicilia di cartolina lascia il posto ad una Sicilia tossica che in pochi hanno il coraggio di guardare in faccia tanto il suo volto spaventa.

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La causa di questo dramma che i cittadini vivono concretamente sulla loro pelle e che porta con sè malformazioni fetali, tumori e gravi malattie respiratorie è la cupidigia dall’industria petroliera. Dal 1949, la periferia industriale di Augusta ospita infatti uno dei maggiori poli petrolchimici d’Europa composto da gigantesche fabbriche così come da veri e propri villaggi, oggigiorno abbandonati, che ospitavano le numerose “piccole mani” impiegate nel settore. Se, per i dirigenti del settore, le ricchezze accumulate sono stratosferiche, quelle dei numerosi lavoratori che hanno abbandonato le attività agricole per trasformarsi in operai rassegnati ma tutto sommato fieri, si riducono invece a poche briciole. Una situazione tanto più triste se si pensa ai rischi che questi ultimi hanno e continuano a prendere, esposti a sostanze chimiche altamente tossiche e cancerogene. “Meglio morire di cancro che di fame” è una delle frasi che ritorna costantemente nel film, un mantra che molti degli abitanti di queste terre si ripetono come a volersi convincere che il compromesso che hanno accettato è una sorta di fatalità.

Sebbene siano numerosi quelli che vivono questa situazione in modo rassegnato, come agnelli sacrificali destinati a nutrire una globalizzazione sempre più vorace e crudele, esistono però anche quelli che non ci stanno ed è proprio a loro che Toxicily è dedicato. Fra chi accetta e chi resite, il film mette in scena un territorio in bilico fra paradiso e inferno, bellezze naturali mozzafiato e odori chimici nauseabondi in una sorta di dialogo costante fra ciò che si vede e ciò che si sa (anche se si preferirebbe ignorarlo). I racconti drammatici di quanti denunciano una situazione intollerabile, messi in parallelo con le immagini bucoliche di mucche al pascolo e piante di mandorlo che sappiano avvelenate, risuonano tragicamente nella nostra mente e ci spingono a riflettere al costo esorbitante del “progresso”.

Sobrio, preciso e tragicamente poetico, Toxicily va dritto al punto parlando di un’emergenza sanitaria e ambientale che non può più essere ignorata e che continua a mietere vittime nell’indifferenza quasi generale. Paradossale, meravigliosa e allo stesso tempo spaventosa, la Sicilia dipinta dal duo di registi franco-italiano ci spinge a domandarci quale sarà il nostro futuro se non decideremo, finalmente, di aprire gli occhi.

Toxicily è prodotto dalla francese Elda Productions insieme all’italiana Ginko Films. Lightdox si occupa delle vendite all’internazionale.

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