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GINEVRA 2023

Recensione serie: Prisoner

di 

- Kim Fupz Aakeson, Frederik Louis Hviid e Michael Noer ci trasportano in un carcere danese popolato da personaggi che interpretano in modo molto personale i concetti di bene e male

Recensione serie: Prisoner
Sofie Gråbøl in Prisoner

Selezionata a Canneseries e al Geneva International Film Festival (GIFF) nel concorso internazionale dedicato alle serie, Prisoner si presenta come la nuova serie avvenimento venuta dal nord. Creata da Kim Fupz Aakeson, Frederik Louis Hviid (Shorta [+leggi anche:
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) e Michael Noer (R [+leggi anche:
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) e capitanata da attori e attrici incredibilmente talentuosi quali la diva scandinava Sofie Gråbøl, David Dencik, Charlotte Fich o Youssef Wayne Hvidtfeldt Prisoner ci propone di rinchiuderci volontariamente, durante sei episodi (di 60 minuti), in un carcere danese, un microcosmo dominato da regole ben precise nel quale la lotta per la sopravvivenza diventa quotidiana. Grazie a movimenti di camera al contempo eleganti e nervosi e a una location decisamente credibile (si tratta di una vera prigione), il carcere all’interno del quale gravitano i personaggi delle serie (prigionieri ma anche guardie) si trasforma in luogo infernale dove domina la legge del più forte.

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Per ridare smalto e migliorare la reputazione della loro ormai vetusta prigione, quattro guardie carcerarie sono intimate di mettere fine al traffico di droga fra detenuti. Questa pericolosa manovra di salvataggio porterà alla luce oscuri segreti (dentro e fuori dalle mura del carcere) aprendo un vaso di pandora che forse sarebbe stato meglio lasciare chiuso per sempre. A capitanare questo gruppetto eterogeneo di guardie, alcune scrupolose e molte altre pronte a tutto pur di mantenere un equilibrio precario che può in ogni momento sgretolarsi, ritroviamo la strepitosa Sofie Gråbøl (Miriam). Decisa a trasformare la prigione in un luogo più sicuro e vivibile per i detenuti e le guardie, Miriam si scontra con la testardaggine dei suoi colleghi che svolgono il loro lavoro automaticamente, come se, solcata la porta del carcere, l’umanità li avesse abbandonati.

Lontano anni luce dai luoghi comuni legati al mondo carcerario, Prisoner si impone grazie alle sue ambientazioni iper realiste che permettono al pubblico un’immersione totale in un universo angosciante dal quale sembra impossibile fuggire. Decisamente violenta, a tratti insostenibile, Prisoner non indietreggia di fronte a nulla mostrando il lato oscuro dell’umanità, quelle zone d’ombra che trasformano la rassegnazione in crudele lotta per il dominio.

Questa strepitosa serie danese ci permette di metterci nei panni di guardie carcerarie alle prese con problemi lavorativi concreti quali la sovrapopolazione o la mancanza di mezzi e di personale ma anche con drammi personali che ossessionano i protagonisti dentro e fuori dalla prigione. Le loro vite complicate ci ricordano che la libertà non è così facile da ottenere e che spesso i muri che ci costruiamo volutamente attorno possono essere più spessi di quelli del carcere.

La serie non si limita a descrivere con minuzia di dettagli il quotidiano di questi lavoratori dell’ombra ma propone anche una critica sociale spietata delle condizioni carcerarie in Danimarca (ma il discorso potrebbe essere ampliato bel al di là dei confini scandinavi). Che si tratti di corruzione, religione o delle difficoltà di trovare il proprio posto in prigione, ma anche al di fuori, Prisoner mostra il rovescio della medaglia di un’istituzione ormai alla deriva che si nutre delle sofferenze umane trasformando la compassione in violenza e la riabilitazione in lotta per la sopravvivenza.

Prisoner è prodotta da DR Drama e e venduta all’internazionale da DR Sales.

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