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TORINO 2023

Recensione: Girasoli

di 

- Catrinel Marlon esordisce alla regia con un amore tra giovani donne all’interno di un ospedale psichiatrico negli anni Sessanta, ma predomina un sentimentalismo convenzionale

Recensione: Girasoli

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, in corsa per la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2019, Catrinel Marlon ha trovato in Italia il terreno migliore per esordire alla regia del lungometraggio con Girasoli, presentato in anteprima fuori concorso al Torino Film Festival.

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Al centro del film c’è la storia di un amore impossibile tra due giovani donne a metà degli anni Sessanta: Anna, infermiera con un passato in orfanotrofio (Mariarosaria Mingione) e Lucia (Gaia Girace), quindicenne schizofrenica ricoverata in un ospedale psichiatrico dove ancora vengono praticati vecchi metodi coercitivi. La sceneggiatura, scritta dalla regista con Francesca Nozzolillo e l’esperta Heidrun Schleef, prende spunto da vicende autobiografiche, le esperienze di una zia di Catrinel Marlon (a sua volta cresciuta in orfanotrofio).  Perché, come ha sottolineato la regista nelle interviste, la Romania vive ancora una condizione di arretratezza nella cura dei malati mentali. Opportunamente, la vicenda è stata ambientata in Italia negli anni in cui lo psichiatra e neurologo Franco Basaglia stava cominciando a condurre esperienze di liberalizzazione ispirata al modello delle comunità terapeutiche inglesi, per cambiare l’immagine del manicomio “luogo di mortificazione e di vuoto emozionale”.

Alle idee del promotore della riforma psichiatrica in Italia si ispira in qualche modo l’unica psichiatra che lavora in questo luogo, più simile a una prigione che a un istituto di cura. La dottoressa D’Amico (Monica Guerritore), che opera nel padiglione in cui sono ospitati i pazienti più giovani, anche bambini. La psichiatra si oppone a lacci di contenimento, camicie di forza ed infermieri violenti, elettroshock, lobotomia, psicofarmaci, incontrando l’opposizione e il dileggio dei colleghi. La sua attenzione si concentra presto sull’adolescente Lucia e con l’aiuto di Anna riesce a strapparla dalle mani del collega Gentile (Pietro Ragusa), fautore dei vecchi metodi.

La regia didascalica di Catrinel Marlon affronta con una certa imprudenza una materia complessa e incandescente come la rivoluzione basagliana che portò al riconoscimento del malato mentale come  persona (ma ancora oggi la strada è impervia). L’intenzione è certamente quella di riflettere sulla follia, sull’amore e sulle relazioni umane ma quando quella tra Anna e Lucia si trasforma in una relazione sentimentale, gli argini straripano e il film non è capace di contenere tutto questo materiale, rischiando di banalizzare il solidale triangolo di sorellanza che si era creato tra infermiera, paziente e dottoressa. Il direttore della fotografia Fabio Zamarion, che ha collaborato a molti film di Giuseppe Tornatore, e lo scenografo Tonino Zera fanno del loro meglio (nonostante il basso budget) per ricreare l’incubo dei corridoi dai muri scrostati del manicomio in cui echeggiano le grida dei bambini. Ma dialoghi e situazioni riducono tutto ad un sentimentalismo convenzionale e un pudore televisivo che controlla la tensione emotiva che poteva invece scaturire dal soggetto. La regista ha cercato un’angolazione che stemperasse la brutalità, ma troppi elementi vengono lasciati in superficie, troppi personaggi rimangono non dettagliati (ad esempio il comportamento ambiguo del collega psichiatra), a favore di un pubblico più generalista che non cerca lo spessore dell’autorialità dei film selezionati nei circuiti festivalieri e nelle sale d’essai.

Girasoli è una coproduzione tra Italia, Romania e Belgio di Masi Film con Rai Cinema, Mobra Film e Gapbusters, in associazione con Lumina MGR. In Italia sarà distribuito da Masi Film in collaborazione con Pathos Distribution.

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