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VISIONS DU RÉEL 2023

Recensione: Sconosciuti puri

di 

- Valentina Cicogna e Mattia Colombo parlano dell’importanza di ricevere una sepoltura degna, un diritto che l’antropologa forense Cristina Cattaneo non smette di rivendicare

Recensione: Sconosciuti puri

Complici di lunga data, la sceneggiatrice e montatrice Valentina Cicogna e il regista Mattia Colombo presentano in prima mondiale a Visions du réel, nel Concorso Internazionale, prima di essere proiettato nel Hot Docs, il loro primo film in quanto duo Sconosciuti puri [+leggi anche:
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. La collaborazione fra i due è cominciata con Voglio dormire con te, primo lungometraggio di Colombo per il quale Cicogna ha collaborato nei panni di montatrice e co-sceneggiatrice. È proseguita poi con Il posto [+leggi anche:
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, dove Cicogna si è occupata del montaggio. Entrambi i film sono stati selezionati a Visions du réel.

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La magia che ha dato vita a Sconosciuti puri non è dovuta solo all’incontro fra Valentina Cicogna e Mattia Colombo, ma anche a quello fra i due registi e l’antropologa forense Cristina Cattaneo, professoressa all’Università di Milano dove dirige l’Istituto medico-legale Labanof. La dottoressa, al contempo estremamente determinata e piena d’empatia, è un personaggio davvero unico.

Ogni notte, la sala autoptica dell’istituto dove lavora accoglie corpi senza nome né identità, i cosiddetti “sconosciuti puri”. Si tratta di senzatetto, prostitute, giovani in fuga e molti migranti arrivati in Italia attraversando il Mar Mediterraneo. Molti di questi, sopravvissuti ad un’odissea infernale dai risvolti tragici, si ritrovano ai margini della società italiana, una società che, soprattutto recentemente, non li vede certo di buon occhio. Quelli che non ce l’hanno fatta a raggiungere la terra ferma, giacciono invece sul fondo del mare. Di questi sconosciuti, nessuno sembra davvero volersi occupare, come qualcosa di vagamente vergognoso al quale è meglio non pensare. Tutti, tranne la dottoressa Cattaneo e il suo team che non smettono di lottare per trovare i fondi necessari a dare un nome a tutti quei corpi che non ne hanno uno.

Ciò a cui Sconosciuti puri ci fa riflettere sono le conseguenze del non poter seppellire dignitosamente i propri cari, del non poter ritualizzare il proprio dolore. Interessante, in questo senso, il parallelo che il film fa con la pandemia di Covid. Confrontati concretamente con l’impossibilità di accompagnare le persone amate verso la morte, seppellite spesso sole, in fretta e furia, gli italiani sono obbligati a mettersi nei panni di quelli che, ogni giorno, si svegliano senza sapere dove si trovano i propri figli, le proprie madri e i propri padri. L’anonimato non concerne solo la dignità del morto ma anche il dolore tutti quelli che l’hanno conosciuto. È abbastanza impressionante rendersi conto che la dottoressa e i suoi collaboratori, sperando di avere indicazioni riguardo gli scomparsi, invece di rivolgersi alle forze dell’ordine, collaborano in stretto contatto con lo storico programma televisivo Chi l’ha visto?. Niente, in Italia, sembra avere una logica.

La delicatezza con la quale la dottoressa si occupa dei “suoi” corpi, li lava ed osserva, così come il parallelo che il film fa fra gli oggetti che li accompagnano e la nostra stessa quotidianità, regala agli “sconosciuti puri” una dignità che la società cerca in tutti i modi di togliergli. La musica che accompagna le immagini, composta da Zeno Gabaglio, serve da fil rouge ad una storia allo stesso tempo crudele e, grazie a Cristina Cattaneo, piena di speranza.

Sconosciuti puri è una coproduzione fra l’italiana Jump Cut, le svizzere Amka Films e RSI Radiotelevisione svizzera e la svedese Sisyfos Film Production.

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