email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

SOLETTA 2024

Recensione: Prisoners of Fate

di 

- L’ultimo lungometraggio di Mehdi Sahebi dipinge il quotidiano, difficile ma pieno di speranza, di un gruppo di rifugiati afgani e iraniani in Svizzera

Recensione: Prisoners of Fate

Presentato in prima mondiale alla Semaine de la Critique del Locarno Film Festival e in competizione per il Prix de Soleure alle 59me Giornate di Soletta, Prisoners of Fate è il risultato dell’incontro decisivo fra Mehdi Sahebi, lui stesso arrivato dall’Iran in Svizzera a vent’anni, e un gruppo di rifugiati incontrati durante le prove di un coro multiculturale formato dal tenore Christoph Homberger e in occasione di una visita a uno dei tanti, contestati rifugi svizzeri. Accomunati dalla stessa lingua e cultura ma anche dalla complessità dell’esperienza migratoria, il regista e i suoi protagonisti hanno imparato a conoscersi, a condividere le proprie speranze e i momenti bui di un quotidiano non certo facile. La delicatezza e la curiosità con la quale Mehdi Sahebi si avvicina a Sanam, che lotta per far arrivare suo figlio di sei anni in Svizzera, Mahmad, Ezra e Matin, soldati fuggiti da un inferno senza nome, così come il sedicenne Omid, trasformano il film in poesia.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Con quella precisione e profondità che caratterizzano il suo lavoro, Mehdi Sahebi costruisce un film che va oltre la “semplice” constatazione delle difficoltà riscontrate dalle persone costrette ad abbandonare il proprio paese ritrovandosi in un contesto che non conoscono affatto, che affascina tanto quanto spaventa. Dagli anni passati con i suoi protagonisti, dall’osservazione paziente del loro quotidiano, traspare una luce, una scintilla che sopravvive malgrado tutto e che è alimentata da quello che potremmo definire con il termine di solidarietà o semplicemente di calore umano. Al di là delle ombre che oscurano il passato dei suoi protagonisti, il motore che li spinge a non abbandonare è la speranza di vivere infine una vita degna, il calore umano che condividono e che, a tratti, ricevono da una nazione che, a primo acchito, sembra così ostile.

I muscoli, scrupolosamente scolpiti, di Mahmad, o l’apparente spavalderia di Ezat in partenza per l’Italia, si scontrano allora con il loro bisogno di confidarsi con lo psichiatra che gli hanno assegnato o l’impossibilità di separarsi dal proprio rassicurante animale di peluche. Le contraddizioni, la paura e la speranza, la forza e la tenerezza accompagnano i protagonisti alle prese con un passato da elaborare e un futuro ancora tutto da ricostruire. Tutti oscillano fra sogno (o incubo) e realtà dimenandosi come possono per ritrovare la propria identità. Particolarmente interessante in questo senso è la scena, esteticamente forte, che ricorda un videoclip, in cui il regista filma un gruppo di ragazzi nel momento in cui si addormentano, sui letti a castello di un rifugio per migranti.

Mehdi Sahebi sceglie di non trasformare il suo film in un trattato sulla politica migratoria in Svizzera preferendo concentrarsi sul potere dell’amicizia, sui piccoli gesti del quotidiano che, come cerotti, proteggono ferite molto profonde. Se nessuno dei protagonisti può influire sulle decisioni amministrative che li riguardano, quello che possono invece fare è tenersi reciprocamente compagnia allontanando, ognuno come può, i fantasmi di un passato spesso indicibile. Costellato da una musica sapientemente dosata e da scene danzate profondamente vere in cui i protagonisti del film sembrano, letteralmente, trasformarsi, Prisoners of Fate ci dà accesso ad una realtà spesso ignorata, per paura o superficialità. Al contempo tragico e pieno di umorismo, il film ci confronta con destini che potrebbero essere il nostro se non avessimo avuto la fortuna di nascere in un posto sicuro.

Prisoner of Fate è prodotto dalla zurighese Sora Film. L’uscita nelle sale svizzere è prevista da Cineworx per il 14 marzo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy