Recensione: Electric Fields
- Il primo lungometraggio della giovane regista Lisa Gertsch parla della fragilità dell’esistenza, della magia che si nasconde nei piccoli, grandi dettagli del quotidiano

Presentato in prima mondiale alle Giornate di Soletta nel concorso Visioni e candidato al prestigioso premio tedesco per esordienti First Steps nella categoria lungometraggi, Electric Fields [+leggi anche:
intervista: Lisa Gertsch
scheda film] di Lisa Gertsch ci confronta con la bellezza e il mistero di realtà ai marginali popolate da personaggi al contempo potenti e fragili che si ribellano contro una soffocante “normalità”. Decisi e decise a scrollarsi di dosso il peso di regole basate dalla legge del più forte, i personaggi che popolano Electric Fields, impongono nuovi standard incentrati sull’accettazione di una differenza e di una fragilità vissute con catartica intensità.
Nel primo lungometraggio di Lisa Gertsch nulla è come sembra. Quello che siamo comunemente spinti a considerare “realtà” si trasforma infatti, sotto i nostri occhi, come un’ingannevole e seducente illusione. Nel mondo “reale”, quello basato su insensate regole eteropatriarcali integrate come se fossero una fatalità, gli esseri umani sono spinti in modo incosciente e perverso a dimenticare i loro sogni, abbandonando la leggerezza e la spontaneità dell’infanzia. Quasi senza accorgercene siamo fagocitati da un quotidiano ritmato da tappe fondamentali del “diventare adulti” fino a quando, come nel caso di Electric Fields, qualcosa va storto e il castello di carte cade a terra, affaticato e stordito. Lisa Gertsch mette in scena questo sgretolamento del quotidiano, l’elettrizzante perdita di controllo di personaggi indomiti che rivendicano il diritto di vivere al di fuori della norma.
Che si tratti di un uomo scomparso nel bosco, di una lampadina che non vuole spegnersi, di uno stormo di uccelli che si trasforma in tempesta, di un cadavere resuscitato grazie a una canzone o di amanti ammutoliti che vivono la loro ultima notte insieme, le leggi del mondo sembrano improvvisamente lasciare il posto all’utopia di realtà parallele dovere vivere intensamente un presente che non promette niente se non l’immediatezza dell’essere. Electric Fields ci permette di percorrere nuove strade, di sognare, con i personaggi, un mondo nel quale i corpi, i gesti, il contatto umano e la leggerezza del presente prendono il posto del controllo e dell’apatia.
Composto da immagini struggentemente poetiche rigorosamente in bianco e nero, il film di Lisa Gertsch è intriso di un umorismo catartico che ricorda quello di Aki Kaurismäki. Il rigore e l’eleganza stilistica di ogni sequenza sono infatti arricchiti da personaggi che agiscono basandosi su regole proprie, come se i confini tra lecito e illecito sparissero. Ritmato da brevi episodi nei quali ogni personaggio vive nel proprio microcosmo, Electric Fields ci permette di ridere di noi stessi, dell’assurdità di regole sociali che bloccano una spontaneità percepita come pericolosa. Una ragazza lascia la stanza di un hotel deserto dopo aver osservato, forse per l’ultima volta, le natiche nude del suo amante, la dirigente di un’azienda si getta dalla finestra dopo un colloquio di lavoro nel quale una futura collaboratrice, senza figli, ammette di aver preso un anno sabatico per occuparsi di sé stessa o ancora un uomo scompare sott’acqua dopo aver salutato, per l’ultima volta, le sue piante d’appartamento, ecco cosa ci aspetta nello strepitoso mondo creato da Lisa Gertsch.
Electric Fields è un primo film potente e magnificamente destabilizzante che ci invita a sognare scenari alternativi, ribelli e liberi da regole eteropatriarcali diventate pericolosamente banali.
Electric Fields è prodotto da Sabotage Filmkollektiv e Zürcher Hochschule der Künste ZHdK – Departement Darstellende Künste und Film.
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