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FILM / RECENSIONI Belgio

Recensione: Holy Rosita

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- Wannes Destoop realizza un'opera prima sensibile che mette in luce un'eroina poco vista al cinema, che rivendica il suo diritto alla felicità

Recensione: Holy Rosita
Daphne Agten in Holy Rosita

Venerdì 26 gennaio, il giovane regista fiammingo Wannes Destoop ha aperto il Festival di Ostenda con il suo primo lungometraggio, Holy Rosita. Wannes Destoop si fece conoscere nel 2011 con il cortometraggio Badpakje 46, vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes. Dieci anni dopo si è fatto apprezzare anche in televisione, questa volta con Albatros, che ha vinto il Premio Europa per la miglior serie europea dell'anno e ha ricevuto 14 nomination agli Ensors. La serie affrontava già con giustezza il tema della grassofobia, che ritroviamo in Holy Rosita, che ha l'audacia di puntare i riflettori su un'eroina come poche altre.

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Il film si apre senza falsi pudori, a letto con Rosita. Rosita vende gentilmente le sue grazie. Ha alcuni clienti abituali attratti dal suo corpo generoso e avvolgente, che non rientra nei canoni di bellezza. Il suo lavoro di lavandaia in un laboratorio protetto non basta a pagare l'affitto, quindi deve guadagnarsi da vivere. Tanto più che questa attività aggiuntiva potrebbe permettere a Rosita di realizzare il sogno che le è stato negato: diventare madre. Wannes Destoop descrive una donna il cui corpo è controllato dagli altri, dalla famiglia e dalla società. Costantemente infantilizzata dal sistema e da coloro che le sono più vicini, Rosita prende in mano il suo destino, sfida ciò che le viene presentato come un divieto e nasconde la gravidanza tanto desiderata per poterla portare a termine. Rosita ha un’anima da bambina e la sua migliore amica ha 8 anni. Gioca con lei e come lei, inebriandosi di questi momenti di libertà che le fanno dimenticare il resto, una quotidianità fatta di vincoli e precarietà. Rosita ha anche un'anima tormentata e un rapporto conflittuale con sua madre, e la sua crociata per diventare madre serve forse a dimostrare che anche lei può esserne capace.

Wannes Destoop dimostra una grande sensibilità, una vera dolcezza e un vero talento nel filmare questo corpo in un modo che raramente si vede al cinema, accompagnandolo il più possibile da vicino, in un formato 4/3 che ci fa sentire tutte le sue emozioni. Apre nuove strade alla fiction, inventa nuovi modelli e combatte al fianco della sua eroina contro la discriminazione grassofoba che le impedisce di andare avanti. Naturalmente, Rosita doveva essere interpretata, doveva avere una voce, uno sguardo e un corpo. L'attrice teatrale Daphne Agten trova qui il suo primo ruolo cinematografico importante e offre una performance piena di grazia e intensità. È magnifica in questo viaggio di emancipazione, non teme il melodramma quando la situazione lo richiede, ma osa essere gioiosa e piena di speranza.

Holy Rosita è prodotto da De Wereldvrede, società fiamminga molto attiva in televisione e qui al suo secondo film per il cinema dopo Cargo [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Gilles Coulier
scheda film
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. Cinéart distribuirà il film in Belgio il 14 febbraio.

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(Tradotto dal francese)

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