email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

SUNDANCE 2024 Concorso World Cinema Dramatic

Recensione: Handling the Undead

di 

- Il primo lungometraggio di Thea Hvistendahl ha un'atmosfera particolare e inquietante e dimostra le sue solide capacità registiche, ma l'ultima parte non mantiene le promesse fatte nelle prime due

Recensione: Handling the Undead
Renate Reinsve in Handling the Undead

Nel primo lungometraggio di Thea Hvistendahl, Handling the Undead [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, presentato in anteprima mondiale nel concorso World Cinema Dramatic del Sundance Film Festival, gli spettatori noteranno un chiaro tentativo di sovvertire i cliché di una delle creature soprannaturali più comuni nei film horror.

Il tentativo della regista di intervenire sui codici del genere è - almeno in parte - riuscito. Per questo motivo, Handling the Undead è un oggetto cinematografico difficile da etichettare. Certamente non è un film dell'orrore, almeno non nel senso più classico del termine, ma allo stesso tempo potremmo esitare a definirlo un dramma o un thriller.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Nei primi 25 minuti, Hvistendahl crea un'atmosfera tranquilla e inquietante attraverso la quale introduce lentamente i suoi protagonisti. L'azione si svolge in un ambiente piuttosto ordinario, eppure si percepiscono angoscia e disperazione senza sapere esattamente perché. Questo senso di sventura è reso attraverso la presenza di dialoghi scarsi, una tavolozza di colori cupi e un paesaggio sonoro che riesce a turbare sia con suoni extradiegetici che intradiegetici, e persino con la loro assenza. Anche il montaggio è azzeccato, con un suggestivo lavoro di giustapposizione in grado di stimolare i nostri sensi, suscitando tiepide sensazioni di sorpresa, disgusto e perplessità.

La trama, basata su un romanzo di John Ajvide Lindqvist, si svolge nel corso di alcuni giornate estive insolitamente calde a Oslo. Dopo un misterioso blackout che fa ronzare luci, autoradio ed elettrodomestici, tre morti di recente si risvegliano. Tre famiglie che hanno affrontato un lutto finiscono per assistere, in circostanze diverse, alla repentina resurrezione dei loro cari. La prima famiglia è composta da un nonno (Bjørn Sundquist) e da sua figlia (Renate Reinsve), in lutto per la perdita del giovane nipote e figlio. La seconda famiglia è guidata da un cabarettista (Anders Danielsen Lie) che, insieme ai suoi figli (Inesa Dauksta e Kian Hansen), è colpito dalla morte improvvisa della moglie (Bahar Pars) in un incidente stradale. Infine, la terza storia è incentrata su un'anziana donna sola (Bente Børsum) che ha perso la sua compagna di una vita (Olga Damani).

Fin dall'inizio è chiaro che i tre defunti non sono esattamente risorti. Non sono molto reattivi agli stimoli esterni, non parlano ed è interessante vedere come le persone più care, ancora alle prese con il lutto, sviluppino un rapporto contorto con loro. In altre parole, il film fa sì che loro - e noi spettatori - ci interroghiamo su quali siano i confini tra la vita e la morte.

Tuttavia, questa sorta di dimensione "filosofica" scompare nell'ultima parte del film. Per semplificare, succedono troppe cose e troppo in fretta, suscitando nuove domande e lasciando senza risposta le precedenti. Tutto questo accade mentre la regista cambia l'approccio narrativo complessivo adottato fino a quel momento e cade in alcuni cliché a cui aveva cercato di sottrarsi. Così, il risultato finale sembra affrettato, incompleto e incoerente. Ed è un'occasione mancata, soprattutto se si considera che le premesse del film e la sua atmosfera disperata lasciavano intravedere un grande potenziale.

Anche se tutto il lavoro sul piano tecnico è fluido, bisogna aggiungere che il make-up dei tre "non morti" non è proprio impeccabile. Il risultato può essere accettabile per le due donne, ma l'aspetto e i movimenti del bambino sono piuttosto discontinui e alla fine sembra una sorta di Pinocchio inquietante.

Handling the Undead è prodotto dalla norvegese Einar Film. La danese TrustNordisk si occupa delle vendite internazionali.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy