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TRIESTE 2024

Recensione: A Picture to Remember

di 

- Olga Chernykh ricostruisce con liricità il suo retaggio nel Donbass, legando il diario della guerra alle storie dei suoi parenti, attraverso fotografie e materiale dell’archivio di famiglia

Recensione: A Picture to Remember

“Notte insonne. Guerra. Esplosioni. Personaggi: io, mia madre, le sue colleghe. Location: Kiev”. Olga Chernykh non pensava che ci sarebbe stata la guerra e non pensava che avrebbe passato la prima notte con la madre patologa, nell’obitorio dove lavora. “Il posto più sicuro”. Qualcuno tira fuori una bottiglia di champagne. A Picture to Remember - nel Concorso Documentari del Trieste Film Festival dopo la partecipazione all’IDFA - inizia con quello spirito che attraverserà poi tutto il doc, tra ironia e dolente melanconia.   Le bollicine sulla superficie giallognola del bicchiere in dissolvenza incrociata con il cielo notturno solcato dalle scie dei razzi. E la voice over della regista ucraina è quasi sussurrata, intima, quasi come se parlasse a sé stessa.

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Quel 24 febbraio 2022 tutto è cambiato. In tv l’amica d’infanzia della regista, Kateryna Pavlova, legge le ultime drammatiche notizie e conclude: ”Gloria all’Ucraina”. Entrambe sono originarie di Doneck. Tutta la famiglia Chernykh è sfollata. “Dopo la migrazione interna di massa del 2014 quelli che erano considerati dei ‘bifolchi’ non erano i benvenuti a Kiev”, racconta la regista.  “Una nuova guerra ma sempre uguale ci sta travolgendo”, dice quasi con rassegnazione. Soltanto la nonna Zorya è rimasta a Doneck. Bloccata.

Doneck, la città del carbone e dell’acciaio, eterno epicentro della guerra russo-ucraina.  “Nessuno ha mai messo in ginocchio il Donbass, e nessuno mai ci riuscirà” recita l’orgoglio di quella regione. Olga Chernykh spiega che voleva fare un film sulla madre. Poi l’invasione russa ha trasformato l’idea iniziale in un memoriale che raccoglie le testimonianze di tre donne, di tre generazioni differenti. “La mia realtà diventa un sogno senza fine, con i confini cancellati, tra ricordi e vita reale”. E questo è esattamente il suo doc. Chernykh si connette con il passato ancestrale, ricostruisce il suo retaggio attraverso i racconti dei parenti, fotografie, vecchi filmini dall’archivio di famiglia. Una famiglia originaria degli Urali. Il nonno Stasik, che amava gli affreschi di Giotto, intagliare il legno e ridere forte. Che ha partecipato alla ricostruzione del Donbass dopo la Seconda Guerra Mondiale.  Indietro nel tempo. Esecuzioni, malattia, gulag Siberia.  Non ci sono j'accuse diretti e riferiti all’oggi. Solo si sottolinea la grande mistificazione del socialismo sovietico sulla popolazione ucraina. I ricordi di altri si legano a quelli personali, da ragazza, come la gita/fuga con le amiche a Mariupol: “Oggi ridiamo per dimenticare che è stata cancellata dalla faccia della terra”.

La situazione si fa dura. Donetzkin è bombardata notte e giorno. La nonna, inveterata ottimista, in videochiamata dice di aver cambiato i vetri alle finestre, il riscaldamento è spento. Si sente come prigioniera in una gabbia. “Vedo la resilienza sgretolarsi, e voi che perdete il controllo”. Ma questa volta la scelta è di rimanere, non scappare.

Chernykh si affida ad un testo dalle sfumature liriche (“i tracciati dei razzi sono linee eleganti e il cielo diventa ostile, non posso più fidarmi di lui”) e mette in scena con elegante accuratezza visiva: le immagini al microscopio montate da Kasia Boniecka con quelle dei droni che bombardano, mentre quelle a bassa definizione del materiale di repertorio si legano con quelle scure, sgranate, fuori fuoco di oggi, prese col telefono attraverso i vetri appannati di una città sotto assedio (la fotografia è di Yevgenia Bondarenko), sostenute dalle musiche rarefatte di Maryana Klochko

A Picture to Remember è prodotto da Real Pictures (Ucraina) con LuFilms (Francia) e Tama Filmproduktion (Germania). Stranger Films Sales si occupa delle vendite internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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