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BERLINALE 2024 Panorama

Recensione: Les Paradis de Diane

di 

- BERLINALE 2024: Il film di Carmen Jaquier e Jan Gassmann affronta con coraggio e poesia il tema della maternità, i suoi lati oscuri e le conseguenze di scelte che la società fatica ad accettare

Recensione: Les Paradis de Diane
Dorothée de Koon (a destra) in Les Paradis de Diane

Realizzato in binomio da Carmen Jaquier, che si è fatta conoscere grazie allo straordinario Foudre [+leggi anche:
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, scelto per rappresentare la Svizzera agli Oscar quest’anno, e Jan Gassmann, selezionato all’ACID con 99 Moons [+leggi anche:
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, Les Paradis de Diane [+leggi anche:
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, presentato in prima mondiale alle Giornate di Soletta e selezionato alla 74ma Berlinale nella sezione Panorama, non indietreggia di fronte a nulla mostrandoci un personaggio a fior di pelle che rifiuta di interpretare un ruolo che gli si attacca addosso come un vestito troppo stretto.

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Dopo la nascita di sua figlia, Diane (Dorothée de Koon) non riesce a tenerla tra le braccia, non riesce a creare con lei un legame materno che la società ci fa credere innato. Istintivamente, decide quindi di scappare dall’ospedale iniziando un viaggio senza meta che la porta fino a Benidorm, una città sulla costa spagnola che ricorda Las Vegas. Les Paradis de Diane mette in scena un momento preciso della vita di Diane, un momento sospeso tra realtà e sogno lisergico nel quale corpo e mente si lasciano andare, forse per la prima volta, ritrovando una verità a lungo soffocata. Ad accompagnarla in questo viaggio introspettivo ci pensa Rose (Aurore Clément), una donna misteriosa che le ricorda sorprendentemente sé stessa. Il film di Jaquier e Gassmann ci permette di accedere al mondo interiore di Diane fatto di dolore ma anche di redenzione e speranza, di angoscia e ribellione.

La società ci fa credere che un corpo considerato come “femminile” sia naturalmente predisposto a procreare, che nulla possa scalfire un istinto “materno” percepito, in chiave essenzialista, come innato. Jaquier e Gassmann si ribellano contro questi luoghi comuni mostrandoci quanto il concetto di maternità sia socialmente costruito, quanto forte sia la pressione esercitata sul corpo e la mente di chi, coscientemente o no, decide di affrontare quest’avventura complessa e misteriosa. I vestiti di Diane diventano in questo senso una sorta di armatura alla Giovanna d’Arco che gli permette di affrontare la battaglia senza indietreggiare. Il suo mantello, rigorosamente allacciato con una cintura che le cinge la vita e il suo dolcevita bianco che le stringe la gola come un nodo scorsoio si trasformano in strumenti di penitenza che, come nel caso delle sante medievali, conducono verso uno stato semi mistico. Diane non si pente di essere fuggita, al contrario sente, fin nelle viscere, di non avere altra scelta. Quello che la protagonista vuole è sottoporre il suo corpo ad una penitenza diventata, peregrinazione dopo peregrinazione, sublimazione di un peccato che è cosciente di non aver commesso.

L’unica guida che permette alla protagonista di orientarsi tra le strade di Benidorm, popolate da personaggi eccentrici e liberi, in un clima invernale glaciale e misterioso, è il suo corpo diventato ormai estraneo, un corpo del quale vuole reimpossessarsi.  Ed è proprio questo corpo, stanco ma mai sconfitto, a parlare più che le parole, a ribellarsi contro cambiamenti brutali che non accetta perché percepiti come una costrizione. Dopo il parto, la società vorrebbe appropriarsi del corpo di Diane, spingendola a rispettare delle regole intese come universali, ma lei disobbedisce scappando alla ricerca di una verità nascosta sottopelle. La protagonista vive una sorta di adorazione nei confronti di uno stato di solitudine estatico che ha scelto in modo istintivo, uno stato secondo che gli permette di riscrivere il proprio destino.

Les Paradis de Diane è uno di quei film che non si dimenticano facilmente, un film radicale che mette in scena la complessità di personaggi che hanno scelto di scrutarsi dentro, fino all’abisso.

Les Paradis de Diane è prodotto da 2:1 Film GmbH e coprodotto da Paraíso Production e la RTS Radio Télévision Suisse. È venduto all’internazionale da Cercamon, con sede in Dubai.

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