email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2024 Berlinale Special

Recensione: Averroès et Rosa Parks

di 

- BERLINALE 2024: Dopo l’Orso d’oro per Sur l’Adamant, Nicolas Philibert torna con la seconda parte del suo trittico sui disturbi mentali, un film ancora più impressionante

Recensione: Averroès et Rosa Parks

"Cosa ne pensate?". Questa scritta su un muro dell'ospedale dell'Esquirol, alla periferia di Parigi, nel cui cuore Nicolas Philibert ha piazzato la sua macchina da presa (con la sua consueta benevolenza e arte immersiva) per il notevole Averroès et Rosa Parks [+leggi anche:
trailer
intervista: Nicolas Philibert
scheda film
]
, presentato nel programma speciale della 74ma Berlinale, potrebbe ben riassumere l'intenzione del cineasta che affronta la seconda parte del suo trittico sui disturbi mentali dopo Sur l’Adamant [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Nicolas Philibert
scheda film
]
(premiato con l'Orso d'oro lo scorso anno e ora nominato al Premio LUX del Pubblico).

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

I pensieri sono sicuramente al centro di questo film: come mandano fuori strada alcune persone e come queste si sforzano in modo struggente di rimettersi in carreggiata e di evitare di perdersi in ansie e ossessioni o di affondare sotto la pressione paralizzante del passato, dei dubbi sul futuro e sulla vita in società. Ma c'è anche il pensiero dei curanti, che ascoltano, parlano, cercano di riannodare fili spezzati, di creare relazioni, di dare un senso e una direzione verso qualcosa di migliore, cosa che non è sempre facile, vista la propensione di molte delle persone ricoverate nelle unità Averroès e Rosa Parks a vagare mentalmente e a raggiungere le profondità abissali delle loro paure e dei loro blocchi. Infine, ci sono le riflessioni degli spettatori, che possono toccare con mano il lato oscuro della psichiatria, un universo popolato da personalità ipersensibili intrappolate dal lato sbagliato di un confine che gli esseri umani generalmente credono (e/o temono) delimitare la "normalità".

Dall'esterno, il film solleva il velo su questo mondo "un po' spaventoso, come un penitenziario", attraverso una quindicina di consultazioni individuali (o testimonianze di fronte alla telecamera) e alcuni laboratori di gruppo, andando ben oltre le apparenze. È un approccio eccezionale di presenza-assenza che permette al regista di avvicinare il più possibile il pubblico alla percezione dei pazienti, nel loro singolare spazio-tempo, in tutta la loro vulnerabilità e lucidità, spesso commovente, a volte divertente (si passa da Nietzsche a Mbappé, da Socrate a Steve Jobs), a volte spaventosa (paranoie profonde, da incubo). È un'autenticità intensa che il film sa intervallare con qualche boccata d'aria fresca, riuscendo a cogliere con rispetto l'identità di tutti i personaggi, qualunque sia il grado di follia in cui si dibattono.

Nell'esporre la cruda realtà che si cela dietro il paradosso di dover "tornare alla vita dall'interno di un ospedale", il film rende anche un meraviglioso omaggio agli assistenti e all'estrema difficoltà della loro professione. Ma, leggendo tra le righe, suggerisce anche quanto ciò che si dice, ciò che si confessa, ciò che circola e che trabocca nelle unità psichiatriche non sia altro che un'acuta cristallizzazione del mondo esterno ("stiamo soffocando, siamo in guerra con noi stessi"). Con il suo stile sottile e delicato, Nicolas Philibert trasmette un messaggio potente all'interno di un documentario di altissimo livello. E come dice un paziente durante una discussione: "sta a voi capire".

Averroès et Rosa Parks è prodotto da TS Productions e Les Films du Losange ne guida le vendite internazionali.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy