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BERLINALE 2024 Panorama

Recensione: The Outrun

di 

- BERLINALE 2024: Nel suo adattamento dell'autobiografia di Amy Liptrot, Nora Fingscheidt spinge Saoirse Ronan in un percorso di astinenza, privo non solo di alcol ma anche di direzione

Recensione: The Outrun
Saoirse Ronan in The Outrun

La tempesta fa tremare la casa. Il verde tenue che ricopre il paesaggio roccioso viene smorzato dalla pioggia nebbiosa. Le onde si infrangono contro i bastioni delle scogliere, dando vita ad uno spettacolo di spruzzi oceanici. Le Orcadi sono uno spettacolo, e lo spettatore ne qui ha in abbondanza. Infatti le isole scozzesi sono il rifugio di Rona (Saoirse Ronan), tornata a casa dopo dieci anni di permanenza a Londra, tra droghe e alcol. Qui sta cercando di superare il suo malessere.

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Dopo essere stato presentato in anteprima al Sundance all'inizio di quest'anno, The Outrun [+leggi anche:
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intervista: Nora Fingscheidt
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, adattamento di Nora Fingscheidt del bestseller di Amy Liptrot, è stato presentato in anteprima europea nella sezione Panorama della 74ma Berlinale. Liptrot, sobria dal 2011, ha raccontato gli anni trascorsi a Londra, immergendosi in una vita senza limitazioni, ricca di sostanze che creano dipendenza. Dopo aver completato un programma di 90 giorni, in cui il vero shock è stato un tentativo di stupro dopo una notte di eccessi, lei, o il suo alter ego cinematografico Rona, torna a casa, nelle Orcadi, per allontanarsi da tutto: dalle tentazioni e dalla depressione che la città le provoca. Non può essere felice senza bere, dice Rona a un certo punto. La sua missione, quindi, è trovare uno scopo, un piano di esistenza che le dia pace.

Alle Orcadi lo spettatore dà un primo sguardo su ciò che può aver spinto Rona ad andare così drammaticamente oltre il limite. Sebbene Fingscheidt si astenga dal dipingere uno dei punti più remoti delle isole britanniche come solitario e noioso, c'è il padre schizofrenico e bipolare (Stephen Dillane), che passa senza problemi dall’occuparsi di lei ad insultarla. Poi c'è la madre evangelica (Saskia Reeves), che spesso assiste passivamente agli scatti d'ira di Rona e che non ha altra soluzione se non Gesù per aiutare la figlia.

Fingscheidt, che ha scritto la sceneggiatura con la stessa Liptrot, non si attiene ad una narrazione strettamente lineare. La storia di Rona è raccontata raccogliendo idee, ricordi ed eventi chiave, che permettono allo spettatore di mettere insieme alcune rivelazioni in un secondo momento, mettendo così costantemente in discussione l'immagine che si ha di questa ambientazione limitata e di questa manciata di personaggi.

Detto questo, il modo in cui la trama saltella, insieme all'intensità del momento, può essere un elemento che opprime e spinge al disimpegno. E mentre Ronan dimostra ancora una volta di essere una delle migliori attrici della sua generazione, il film offre invece troppo poco. Si apprende molto sul passato di Rona, ma l'approfondimento su ciò che le passa per la  mente è minimo. La scelta di Fingscheidt di utilizzare un linguaggio della macchina da presa molto dinamico, che emula la visione sfocata e difettosa di una persona intossicata, è piuttosto estenuante, invece di essere una vera e propria porta d'accesso alla sua protagonista.

Parlare di abuso di droghe e alcol è più che mai attuale, e pochi hanno la fortuna di vivere una vita sana e sobria come Amy Liptrot. Ma nel complesso il film offre poco più di un’idea positiva del tipo "ce l'ha fatta!", immersa in una narrazione disomogenea. Fingscheidt ha basato il suo cinema sul ritrarre donne in circostanze mentali e sociali difficili. Ma mentre il film della sua svolta, System Crasher [+leggi anche:
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, aveva un filo conduttore distinguibile, The Outrun sembra più un insieme di idee che dovrebbero funzionare da sole. È insomma un messaggio che potrebbe essere perfezionato.

The Outrun è prodotto dalle britanniche Brock Media, Arcade Pictures e MBK Productions con la tedesca Weydemann Bros., mentre le vendite internazionali sono curate da Protagonist Pictures.

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(Tradotto dall'inglese)

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