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BERLINALE 2024 Panorama

Recensione: No Other Land

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- BERLINALE 2024: Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham e Rachel Szor firmano un documentario d'esordio toccante e intimo sullo sgombero dei palestinesi dagli antichi villaggi della Cisgiordania

Recensione: No Other Land

Si dice che la penna sia più potente della spada, ma se questo si traduca poi nel mondo di oggi è un'altra questione. La forza della macchina da presa contro l'arma da fuoco è analizzata in No Other Land [+leggi anche:
intervista: Basel Adra, Yuval Abraham
scheda film
]
, documentario di un collettivo palestinese-israeliano in anteprima mondiale nella sezione Panorama della 74ma Berlinale.

No Other Land è una collaborazione tra l'avvocato e giornalista palestinese Basel Adra, il fotografo e agricoltore palestinese Hamdan Ballal, il giornalista investigativo israeliano Yuval Abraham e la direttrice della fotografia israeliana Rachel Szor - tutti e quattro sono accreditati come registi e montatori. Basel e Yuval (chiamati per nome nel film) sono anche soggetti centrali, mentre Ballal fa alcune memorabili apparizioni come scettico del gruppo: "Ah, sei un israeliano che si occupa di 'diritti umani'?" ride Ballal quando incontra Yuval per la prima volta.

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No Other Land è tanto specifico quanto affettivamente generalizzabile ad altri contesti contemporanei di dominazione strutturale nella sua rappresentazione dell'impotenza sotto uno Stato repressivo. Non si confronta direttamente con il più recente conflitto tra Israele e Hamas, ma documenta lo sfollamento forzato dei palestinesi a Masafer Yatta, in Cisgiordania, un gruppo di villaggi rurali. Il filo narrativo centrale è intessuto intorno al rapporto di lavoro tra Yuval e Basel, la cui vicinanza e fiducia in anni di collaborazione è visibile attraverso l'affetto fisico e le conversazioni profonde. Anche in questo caso, c'è un'inevitabile divisione tra loro, costruita dalle dinamiche di potere del sistema: Yuval ha piena libertà di movimento, Basel è completamente confinato.

Fin dall'inizio, non si può distogliere lo sguardo dal filma che il collettivo ci presenta. Lo spettatore è immediatamente testimone della distruzione di case di cemento, diegeticamente accompagnata dalle urla delle famiglie palestinesi che chiedono il perché di un simile atto da parte dello Stato israeliano. Il film rende anche cattivo un uomo responsabile degli ordini di sgombero in loco, noto solo come Ilan. Nel ruolo del braccio lungo dello Stato, Ilan indossa con disinvoltura occhiali da sole riflettenti e magliette Nike traspiranti, in un abbigliamento che incarna una sorta di banalità del male. No Other Land diventa un pugno allo stomaco che continua a dare e in cui l'immaginario ossessionante non perde mai la sua forza; Ilan potrebbe indossare un costume da clown e avere comunque l'assoluta capacità di decimare ogni casa costruita e ricostruita a Masafer Yatta. Il film diventa a volte persino così travolgente da instillare nello spettatore un senso di totale futilità: siamo davvero tutti così impotenti?

La crudezza critica delle riprese del film è messa in prospettiva in una sequenza finale che prevede una breve visita di giornalisti internazionali che finiscono per sembrare invadenti, performativi e fuori dalla realtà palestinese. L'attrezzatura video professionale e l'intervista a una madre addolorata non hanno alcun peso rispetto alle riprese effettuate con il telefono e la videocamera da Basel e Yuval nel cuore degli scontri, dove la videocamera è tenuta dritta in faccia alla polizia militare, in modo altamente conflittuale e senza lasciare dubbi sulla sua soggettività. Queste telecamere "amatoriali" catturano in modo molto dinamico le esperienze degli oppressi mentre i due attivisti fuggono dalle autorità - mentre registrano, i telefoni vengono persi nella boscaglia durante gli scontri fisici, per poi essere recuperati.

No Other Land dà il meglio di sé quando raggiunge la mobilità cinematografica: la macchina da presa agisce come un'estensione di questa documentazione attivista della violenta occupazione israeliana e non come un osservatore distaccato. Alla fine del film, la misura dell'impotenza è palpabile, ma i registi offrono un briciolo di speranza in questo atto transnazionale di solidarietà e resistenza.

No Other Land è una coproduzione palestinese-norvegese di Yabayay Media e Antipode Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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