Recensione: Il cassetto segreto
- BERLINALE 2024: Nel suo doc dedicato al padre, Costanza Quatriglio combina storia personale e testimonianza di un’epoca, gettando anche uno sguardo sul prezioso lavoro degli archivisti bibliotecari

I figli hanno il diritto di aprire i cassetti segreti dei loro genitori? Non proprio, ci dice Costanza Quatriglio, ma esiste un tempo debito in cui un’azione del genere diventa necessaria. Nel suo nuovo documentario, Il cassetto segreto [+leggi anche:
intervista: Costanza Quatriglio
scheda film], presentato al Forum della 74ma Berlinale, la regista palermitana ci racconta come e perché ha deciso, un giorno, di aprire il cassetto nello studio di suo padre Giuseppe, giornalista, scrittore e “viaggiatore appassionato”. E così – attraverso i filmati, le fotografie e gli audio accumulati durante una vita professionale intera, più o meno 70 anni di giornalismo – ci offre non solo una preziosa testimonianza di un’epoca, ma ci rende anche partecipi del percorso intimo di una figlia che riscopre suo padre.
Tutto ha inizio nel 2022, quando la regista decide di donare alla Regione Siciliana l’immensa biblioteca del padre scomparso nel 2017, Giuseppe Quatriglio, firma storica del Giornale di Sicilia e di altre importanti testate, attento osservatore del suo tempo e amico di uomini di cultura del Novecento. La casa dove la cineasta è cresciuta, a Palermo, viene così “invasa” da sconosciuti, archivisti e bibliotecari che letteralmente aggrediscono scaffali e librerie, prendono, spostano, catalogano libri, schedano filmati e diapositive, cercando di dare un ordine a una mole sconfinata di documenti di indubbio interesse culturale. Quatriglio dettaglia minuziosamente il loro lavoro e riprende tutto con la sua telecamera, oggi. Ma già 12 anni prima, tra il 2010 e il 2011, il suo obiettivo aveva vagato tra quelle stanze, quando aveva cominciato a filmare suo padre, all’epoca quasi novantenne, semplicemente per fissarne la memoria.
L’abile montaggio di Letizia Caudullo (scomparsa purtroppo pochi giorni prima della première del film a Berlino) alterna quindi le immagini in casa Quatriglio attuali con quelle del passato, quando in quei medesimi spazi ricolmi di volumi, fascicoli e faldoni – e che oggi vediamo via via svuotarsi – ero lo stesso Giuseppe a raccontarsi e a rispondere alle curiosità di sua figlia. La prima parte del film è dominata dall’immenso archivio – in tutto, oltre 60.000 negativi fotografici scattati dal dopoguerra in poi, decine di bobine 8mm e centinaia di ore di registrazioni sonore – che riflette quasi un secolo di Storia: da Palermo all’America, dove Quatriglio è stato per molti anni corrispondente, passando per la Parigi degli anni ’50, la Berlino ai tempi del muro, le interviste a Carlo Levi e Jean Paul Sartre, l’amicizia con Leonardo Sciascia e Renato Guttuso, l’incontro con il premio Nobel Enrico Fermi, le immagini lievi che ritraggono il giornalista al fianco di Cary Grant e quelle drammatiche che testimoniano il devastante terremoto del Belice, in Sicilia.
Carrellate di foto traboccanti di vita, che documentano sia grandi eventi che istanti di ordinaria quotidianità, scorrono accompagnate da un’attenta selezione musicale, fino a quando, a un certo punto, è la regista stessa a entrare nel quadro: anche l’amata figlia, il suo pianto da neonata, le fotografie che la raffigurano con le codine ai capelli e gli abiti disordinati al fianco dei più grandi intellettuali del tempo o mentre adolescente posa per importanti artisti amici di famiglia, tutto questo riemerge dagli archivi di Quatriglio (“nel suo modo di ordinare il mondo c’eravamo anche io e mia madre”, osserva Costanza), in un dialogo incessante tra memoria personale e memoria collettiva che, nelle oltre due ore di durata del film (una piccola sfoltita, forse, non avrebbe guastato), cambia continuamente passo e atmosfere, non mancando di riflettere, fra molto altro, questioni di stretta attualità, oggi come nel secolo scorso: la migrazione dei popoli, l’inquinamento ambientale, la guerra in Europa.
Il cassetto segreto è prodotto da Indyca, Luce Cinecittà con Rai Cinema, in coproduzione con Rough Cat e RSI Radiotelevisione svizzera. Le vendite estere sono affidate a Film Harbour.
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