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BERLINALE 2024 Berlinale Special

Recensione: Shikun

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- BERLINALE 2024: Amos Gitai naviga tra le complessità della società israeliana moderna attraverso un'introspezione teatrale che reimmagina la favola antitotalitaria di Eugène Ionesco Rhinoceros

Recensione: Shikun
Irène Jacob in Shikun

Nella sua ultima fatica, Shikun, il regista israeliano Amos Gitai reimmagina l'opera del teatro dell’assurdo Rhinoceros di Eugene Ionesco, ambientandola all'interno di un edificio a uso misto. L'ambientazione è anche simbolica, con il titolo Shikun - che in ebraico significa "case popolari" - che funge da tela su cui vengono disegnate le divisioni nella società israeliana contemporanea. La scelta di Gitai di questo titolo rispetto all'alternativa che aveva preso in considerazione, It's Not Over Yet, indica il suo obiettivo di fornire un rifugio e una contemplazione dell'invasione delle ideologie autoritarie simboleggiate dai pachidermi metaforici del film.

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Shikun, proiettato nella sezione Berlinale Special della Berlinale, emerge in un contesto di forte fermenti in Israele (il film è stato girato prima dell'attentato del 7 ottobre), tra diffuse proteste contro le riforme del governo e l'ascesa di una società conformista. L'obiettivo di Gitai era quello di affrontare di petto gli sconvolgimenti sociopolitici della sua epoca. Facendo un parallelo con la favola antitotalitaria di Ionesco, Gitai costruisce una storia in cui l'ambientazione - un edificio tentacolare di ispirazione corbusiana a Be'er-Sheva - funge da personaggio a sé stante, in cui si intrecciano le varie microstorie dei suoi residenti. Il design architettonico dell'edificio consente la coesistenza di diversi segmenti della società israeliana, evidenziando sia la solidarietà che la dissonanza tra di essi.

L'ultimo lavoro di Gitai è teatrale non solo per il suo prestito tematico dall'opera di Ionesco, ma anche per il suo formalismo. L'attrice franco-svizzera Irène Jacob è la voce narrante principale, che assume il ruolo di un coro di un solo elemento che spesso rompe la quarta parete. Invece di un disegno narrativo coerente, Gitai opta per una serie di scene frammentate e frammentarie, e di digressioni quasi da flusso di coscienza, che fanno riferimento ai cambiamenti sociopolitici. I metaforici rinoceronti, che non vengono mai visti ma a cui si  allude retoricamente, simboleggiano l'attrazione magnetica dell'autoritarismo. Allo stesso tempo la serie di monologhi serve a sostenere la resistenza e la sfida, mettendo in guardia dalla paura come emozione costruita e manipolata.

La caratterizzazione cinematografica del film deriva dalla fotografia di Eric Gautier, che aveva già collaborato con Gitai in Un tram a Gerusalemme [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Amos Gitai
scheda film
]
. Il primo terzo del film è particolarmente suggestivo, catturato in un'inquadratura singola fluida e scorrevole. Questa tecnica non viene mantenuta per tutto il tempo, perché la regia di Gitai si sposta  su una macchina da presa fissa che si concentra maggiormente sui volti dei personaggi o sugli spazi nel caso di scene collettive. Un'ulteriore transizione estetica avviene quando l'ambientazione si sposta dall'edificio a una cavernosa stazione degli autobus abbandonata, pervasa da un'atmosfera post-apocalittica. In questo ambiente sotterraneo, il commento politico di Shikun assume una gravità più allarmante, anche se i personaggi si vedono girare ripetutamente su scooter elettrici.

Shikun è un'opera cine-teatrale formalmente accattivante, con il montaggio di Yuval Orr e Simon Birman che mantiene il coinvolgimento oltre l'iniziale sequenza a singola inquadratura. Gitai naviga tra le complessità del conformismo e della resistenza all'interno dei contesti che la società occupa, sia fisicamente che metaforicamente. Il film è impregnato di uno stile dinamico e declamatorio che sostiene l'attenzione dello spettatore, particolarmente evidente nei proclami in crescendo di Irène Jacob. Pur rifuggendo da una trama e da un arco narrativo convenzionali, Gitai mantiene lo slancio del film, non solo attingendo a Ionesco, ma anche facendo riferimento a una serie di altre fonti. Detto questo, molti riferimenti potrebbero non essere percepiti pienamente dal pubblico che non ha familiarità con il contesto locale.

Shikun è prodotto da AGAV Films (Francia), Recorded Picture Company (Regno Unito), CDP (Francia), Elefant Films (Svizzera), Ventre Studio (Brasile), United King Films (Israele), GAD Fiction (Francia), Intereurop (Francia) e Free Studios (Svizzera). Visit Films si occupa delle vendite mondiali.

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(Tradotto dall'inglese)

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